Report: le lacrime di Mazzola, uno schiaffo al sonno della ragione

(Juve News Report) Una pacca sulla spalla e via

(Juve news Report) “Ale sei un ciuccio ti hanno beccato”. Il rimprovero del Presidente che sembra più una pacca su una spalla prima di andare a prendere un aperitivo. Questo il massimo della pena prevista in casa bianconera per un dirigente della società che si fa riprendere dalle telecamere di sicurezza mentre si adopera per far entrare dentro lo stadio gli striscioni degli ultras bianconeri che non potevano passare i controlli.

Secondo l’inchiesta quegli striscioni sarebbero proprio quelli inneggianti alla sciagura di Superga. La giustizia sportiva non è stata in grado di provare che il Presidente Agnelli sapesse, la ricostruzione proposta da Federico Ruffo lascia pochi dubbi. Se c’è una cosa che, umanamente, tocca più di ogni altra tra le tante raccontate da Report del 22 ottobre è proprio questa.

Giù le mani da Superga

Superga non fu una sciagura granata, fu un dramma del calcio mondiale. 31 morti tra squadra, staff, equipaggio, un attimo della storia che si portò via uno dei miti più belli dell’Italia di quegli anni difficili. Nel 1949 era difficile sognare, ancora di più far sognare gli altri , non solo in Italia, dopo una guerra troppo lunga e troppo infame. Quei ragazzi con la maglia granata ci stavano riuscendo, forse per questo il fato se li prese. Troppo belli e troppo bravi in un’epoca ancora dominata dal dolore, dalla miseria, dai ricordi.

La curva dominata da soggetti legati alla malavita, ultras che vengono assunti dalla società, così come figli di protagonisti di Calciopoli e al contempo fratelli di arbitri in attività, suicidi mai chiariti Su questo ed altro proposto dall’inchiesta di Report ci sarà da discutere molto, magari anche in ambiti diversi. Ma l’oltraggio a Superga no, non ammette discussioni, né processi, si commenta da solo.

Le lacrime di Mazzola non chiuderanno lo stadio

Le lacrime con cui Sandro Mazzola commenta quella vigliaccata sono uno schiaffo che dovrebbe svegliare il calcio italiano dal sonno della ragione in cui è caduto, non tanto e non solo per il ricordo del passato quanto per iniziare a ricostruire un futuro.

Chiudete quello stadio, invoca Sandrino, ferito nell’anima da quegli striscioni infamanti la memoria di suo padre Valentino. Lo stesso stadio che, da anni, ferisce il buon senso , le regole e numerose sentenze esponendo gli scudetti revocati ed il calcio italiano agli sberleffi della stampa europea. Ma quello stadio non chiuderà perché il calcio italiano è questo. All’estero pioverebbero le dimissioni, qui arriveranno le smentite. Un bell’articolo sull’orologio di Ronaldo tempestato di brillanti da due milioni di euro e oplà, tornerà il sorriso e buonanotte ai mestieranti dell’etica.

Il prestigio di un club non è fatto solo di titoli. Ci sono atteggiamenti che contano quanto uno scudetto checchè se ne dica. Ci sono modi diversi per vincere e per perdere, si può vincere perdendo la faccia e perdere guadagnando l’apprezzamento generale. Con le buone o con le cattive è giunto il momento che chi conta nel mondo del calcio faccia capire questo concetto anche a Torino.