(Inter News Champions) E’ andata come doveva andare, perchè Jordi Alba non è Abate, tra Rakitic e Kessie c’è la stessa differenza che corre tra mangiare un’aragosta ed un hamburger e via dicendo ovviamente.
Qualità diverse in campo, organizzazione diversa, abitudine a queste gare ancor più differente. Se si pensa che il solo Pique ha le stesse presenze in Champions di tutta l’Inter schierata da Spalletti i conti a fine gara tornano.
Ha avuto un merito l’Inter, quello di restare agganciata al risultato fino a sette minuti dalla fine. L’attesa dell’ultima preghiera, dell’inzuccata fortunata sul tutti in the box, dell’episodio fortunato che facesse svoltare la gara si è infranto quando iniziava la “zona Inter”. Quei minuti finali che avevano portato punti e vittorie con Tottenham, Samp e Milan.
Ma il Barca è altra cosa rispetto a queste, non ha mai permesso all’Inter di coltivare la speranza e Jordi Alba alla fine ha sentenziato.
Se il 2 a 0 ci sta tutto, proprio a voler sottilizzare, si potrebbe chiedere a Spalletti perchè tanta differenza tra le sue parole di ieri in conferenza stampa e l’atteggiamento della squadra, specialmente nel primo tempo.
Il mister aveva predicato coraggio, autostima, consapevolezza, attenzione. In campo si è vista tanta buona volontà, disponibilità al sacrificio reciproco ma poco altro.
Per molti la partita del Nou Camp doveva essere come uno stage di altissimo livello in attesa della laurea. Una partita in cui l’Inter non aveva niente da perdere, tutto da guadagnare e soprattutto tutto da imparare. Proprio per questo ci aspettava un atteggiamento più sfrontato, come fanno di solito i giovani che vanno incontro alle esperienze del mondo per imparare trucchi e modi per sopravvivere prima ed emergere poi, più intraprendente. Invece soprattutto nei primi 45 di gioco la squadra ha fatto della passività la sua virtù, lasciando al Barca tutta l’iniziativa possibile.
I ragazzi di Valverde hanno ringraziato e sono andati a nozze. Non è l’occasione per fare esperimenti, aveva detto ieri Spalletti. Giusto, ma un pizzico di coraggio forse doveva venire anche da lui, riflettendo sul fatto che l’autonomia fisica di Borja Valero è già limitata dall’età del Sindaco, figuriamoci in un campo d’aviazione come il Nou Camp. Con tutta probabilità Lautaro fin dall’inizio non avrebbe cambiato le sorti dell’incontro ma di certo avrebbe permesso al Barca meno facilità di impostazione fin dalla sua metà campo e poteva rappresentare un grattacapo in più per i blaugrana con cui fare i conti.
Giriamo pagina, va bene (per modo di dire) così. Siamo tra quelli che pensano che tra l’accoppiata derby-Lazio e la partita del Nou Camp quelle fondamentali siano le prime due. In più è arrivato anche il cioccolatino da Eindhoven, con il Tottenham fermato sul pareggio che lascia inalterate le speranze di qualificazione agli ottavi per i nerazzurri. A Milano non basterà perdere bene, occorrerà mettere fieno in cascina per non ritrovarsi a sudare freddo negli ultimi 180 minuti del girone. Resta l’amaro in bocca non per aver perso una partita, ma per aver sciupato un occasione per maturare, per far crescere la mentalità necessaria per giocarsela a questi livelli.
A ripensarci bene successe così anche nel 2010, consoliamoci con la scaramanzia visto che resta ben poco d’altro.