L’Inter di Luciano Spalletti sembra aver toccato nelle ultime due gare contro Lazio e Genoa il suo aspetto migliore. Due vittorie, otto reti segnate,zero subite, ma soprattutto un gioco che finalmente appare frizzante e divertente. Quanto sopra descritto non è certamente frutto del caso. In questi due match infatti Spalletti ha cambiato rotta rispetto a quanto fatto nelle prime gare e in tutta la stagione scorsa.
La sua Inter infatti è scesa in campo con un inedito 4-3-3, che ha avuto l’effetto immediato di valorizzare praticamente tutti i giocatori e di recuperarne qualcuno che sembrava fuori dal progetto (Joao Mario su tutti). Brozovic con due mezzali al suo fianco ha tirato fuori il meglio di sé. Gagliardini è tornato nella posizione che occupava nell’Atalanta di Gasperini, e la risposta di ieri appare più che eloquente. Politano, senza la trequarti “intasata” dalla presenza di un giocatore alle spalle della punta era libero di svariare sul tutto il fronte. Ed il risultato è che l’ex Sassuolo è stato praticamente imprendibile per i difensori avversari.
E questa non appare una novità se si guarda la carriera del tecnico toscano. Spalletti infatti arrivò nella sua prima avventura alla Roma con un chiaro marchio di fabbrica: 4-3-1-2. Il famoso rombo he il tecnico portò nella capitale. Fino al momento del cambio di rotta. Spalletti adottò il 4-2-3-1 e sfiorò lo scudetto. In un’intervista arrivò addirittura a dichiarare “ho trovato la formula magica”.
Questa formula lo ha accompagnato anche nella sua avventura allo Zenit, fino al ritorno in giallorosso. Ma anche in questo caso Spalletti sperimentò, trovando una seconda formula magica, che portò addirittura un bottino di 87 punti. Si trattava del 3-4-1-2. La cosiddetta “difesa a tre e mezzo”. Ora il tecnico nerazzurro sembra essere orientato a convertirsi al 4-3-3.
Tra le tante doti di Luciano Spalletti questa capacità di saper cambiare e trasformare la squadra in base alle esigenze appare sicuramente una delle migliori. L’allenatore dell’Inter ha dimostrato di non essere fossilizzato su un’idea di gioco. Riesce infatti a capire quali sono i moduli che riescono ad esaltare i giocatori che si trova ad allenare e a comportarsi di conseguenza.
La crescita parla necessariamente per il mettersi in discussione e per la capacità di sapersi evolvere ed adattare. E Spalletti ha dimostrato di essere pienamente in linea con gli orientamenti Darwiniani.