3 settimane di fuoco tra zona Icardi e tiki taka
- Dal derby ai maestri del “tiki taka”
Cose buone emerse dalle 3 settimane di fuoco, dal derby alla conclusione di questo turno di coppe. Concluso il tour de force, sono più chiari gli sviluppi in campionato ed in Champions. Il derby era temuto da entrambe le squadre, un pò per l’atipicità dell’incontro, un pò perchè tradizione vorrebbe che la squadra favorita non vinca. Ma l’Inter ha confermato la sua dimensione di squadra in crescita anche mentale, vincendo in zona Icardi ancora negli ultimi minuti, quindi con lo stesso bomber e capitano. Non solo, ha poi anche proseguito la sua ricerca dell’ultima parola, a dispetto degli ultimi minuti altre volte fatali, a dispetto di ogni avversario. La testa non si abbassa più, si guarda il “nemico” negli occhi e lo si sfida, ricordandogli che anche gli ultimi dieci secondi del recupero possono valere la partita. Poi ci sono occasioni in cui questo non basta, di fronte a squadre stellari come i maestri del “tiki taka“, anche se prive della loro icona più luccicante. Ma i blaugrana non hanno sosia, per fortuna.
Indice dei contenuti
I maestri insegnano ancora
In mezzo alla serie positiva c’era quell’ostacolo, più in alto di tutti gli altri. Sapevamo che avremmo dovuto provarci comunque, ma che sarebbe stata una fatica improba uscirne indenni. Il Barcellona, squadra mitica dai valori individuali e collettivi ben oltre la media, a prescindere dalla presenza o meno del suo gladiatore Messi, ci ha …messi alla prova. E in casa sua, è salito ancora in cattedra, spiegando che se loro siedono lì e noi davanti, attenti e composti tra i banchi, c’è ancora un motivo. Abbiamo accennato a tratti a ribattere alla lezione, provando a mettere in qualche imbarazzo i maestri… Ma è sembrato ancora una volta di rivedere il match di pugilato (purtroppo è mancato l’epilogo) nel film di Stallone. Sembravamo un tumefatto Rocky Balboa, che cercava indomito di opporsi alla furia di Ivan Drago. Il Barcellona non ci ha minacciato con quel “ti spiezo in due“, ma ha nascosto a lungo la palla e due ce li ha fatti in casa, più uno a S.Siro. Nel computo è un 3-1 che non si discute, anche se siamo convinti che avremmo potuto fare di più.
Da dietro i banchi, all’Olimpico in cattedra
Dopo la prima lezione catalana, l’Inter non si è avvilita, ma ha anzi rafforzato la sua scorza e a testa bassa ha ripreso i guantoni sul ring dell’Olimpico, contro un’altra contendente nei quartieri alti della serie A. Non c’era più il Barcellona, ma i nerazzurri avevano ritrovato qualcosa, da quella partita. Hanno ricavato nuova energia pensando a quelle fasi in cui, nel secondo tempo del Camp Nou, avevano alzato la testa e la voce davanti ai maestri, anche se poi le gambe avevano nuovamente tremato. Non dovevano più tremare, hanno deciso, e messo in pratica il proposito. La Lazio è stata messa ben presto in crisi, gli uomini di Spalletti hanno preso a modello il carattere e la determinazione dei maestri spagnoli. Sono passati da dietro i banchi a dietro la cattedra, e il risultato di 3-0 non rende nemmeno tutto il valore della prestazione. Icardi sale sul podio, ma tutta la squadra lo segue.
E dopo la “manita”, di nuovo a lezione…
Passando dalla “manita” della partita col Genoa, con Icardi a riposo, alla nuova temuta sfida con i big del Barcellona, è riemerso nuovamente quel dato, la zona Icardi (ex Cesarini di una volta). Quella voglia di rievocare una frase trapattoniana: “non dire gatto, se non l’hai nel sacco”. Anche per ricordarla agli avversari, e così accade. Nonostante la scontata sofferenza per la supremazia di quei diabolici geometri del calcio, la ormai celebre zona Icardi si rinnova, infiamma S.Siro ad una manciata di secondi al termine. L’urlo liberatorio esplode in tutta la sua virulenza, scacciando gufi e menagramo, e riattizzando quel fuoco appena sopito dalla lezione nel catino del Camp Nou. La strada è ancora lunga, ma l’Inter non deve guardare ora a quel modello, per il momento inimitabile. L’abito da sera dovrà sognarlo, inseguirlo e meritarselo sudando e imparando sempre. Specie da chi ha qualcosa di più da mostrare, non solo all’Inter ma a quasi tutte le altre big d’Europa.
Qualche parola sulla Caporetto bianconera…
…che proprio Caporetto non si può definire, in quanto sconfitta, inopinatamente, anche dalla sorte. Vista la partita, la sensazione è che la zona Icardi sia contagiosa. Ma stavolta non ne gode una delle nostre bensì, perfida beffa del destino, il M.United, squadra di Mourinho. Proprio lui, il folletto portoghese che tante schermaglie e tanti fantasmi rievoca nella tifoseria juventina, inviperita e velenosa quanto mai. Al punto da tempestarlo di insulti per l’intero incontro, ricevendo ovviamente in risposta quello che sappiamo. Stavolta ha vinto lui, ma per gli estimatori del calcio puro, è sinfonia quella giocata di CR7! Da sola vale più dei 2 gol inglesi e di una sconfitta in cui nessuno avrebbe creduto. Ma anche da questa, la Juve potrebbe aver tratto indicazioni che l’abitudine a vincere poteva aver fatto dimenticare. A volte, la rotondità del pallone diventa anarchica e prende svolte incontrollate anche dai migliori, che incappano in queste “scivolate”. E qui riscoprono una realtà da non dimenticare mai: giocare bene e meglio dell’avversario, è un vanto e un orgoglio, ma non sempre è garanzia di vincere. Allegri sapeva che, prima o poi, sarebbe accaduto.