Moriero, lo sciuscià nerazzurro
Francesco Moriero detto Checco è stato un grande protagonista dell’Inter della fine degli anni 90’ inizio 00’. Un esterno capace di giocate sensazionali dettate dalla fantasia e dall’istinto. Con l’Inter ha collezionato 56 presenze condite da 6, splendide, reti. Fondamentale nello scacchiere di Simoni, con il quale vinse la Coppa UEFA nel 1998 a Parigi contro la Lazio. Checco si è raccontato in una piacevole intervista a noi di Interdipendenza.net.
Come è nata l’esultanza dello “Sciuscià”?
“E’ stato un gesto spontaneo dopo una partita con il Brescia in casa dopo un gol meraviglioso di Recoba. Mi venne spontaneo lustrargli la scarpa al mio amico perchè aveva fatto un gesto tecnico magistrale. Una sorta di metafora, il compagno si metteva al servizio dell’altro quando si faceva un gesto importante. Lo facevo spesso con Ronaldo perchè ne ha fatti parecchi di gol (ride ndr). Oramai era diventato il nostro gesto, lo facevo anche con Zamorano e Simeone. Ho lanciato io la moda, ogni qualvolta c’era un gol decisivo o importante si faceva. Era un gesto di umiltà, di riconoscenza della grande giocata. Mi fa molto piacere che negli anni si sia ripetuto, anche nelle scuole calcio. Quell’anno ne abbiamo fatti molti di gol, quindi ho lavorato molto”.
Cosa dava in più Ronaldo allo spogliatoio?
“Ronaldo era il calcio, Credo che sia stato il giocatore più forte al mondo. Ho avuto la fortuna di giocare con i più grandi campioni. Dal Lecce quando ho iniziato avevo come maestro Pasculli, a Cagliari Francescoli e Matteoli, nella Roma Balbo, Fonseca e Totti, poi all’Inter ho trovato Ronaldo, Baggio, Simeone, Djorkaeff. Ronaldo rappresentava il calcio puro, aveva forza velocità. In allenamento si allenava sempre al massimo, essendo sudamericano aveva un altro approccio agli allenamenti, amava giocare a calcio. Era anche un ragazzo fantastico, è arrivato molto giovane e portava allegria nello spogliatoio. Avevamo un leader su tutti, il Cholo Simeone, quello che quando c’era troppa euforia nello spogliatoio abbassava i toni, insieme a Zanetti era il leader. Quell’Inter era un gruppo fantastico e unico, volevamo stare insieme”.
Juventus Inter del 26 aprile 1998. Lei era in campo, com’era l’atmosfera?
“Per me quella è stata una settimana molto particolare, venivo dalla partita in nazionale con il Paraguay dove giocai 90 minutie segnai anche 2 gol per guadagnarmi il posto. Noi eravamo, come sempre, convinti di scendere in campo e vincere, noi eravamo una squadra vincente. Poi il campo ha detto il contrario per vari fattori. C’è rammarico per il rigore, se ci fosse stato concesso non saprei come sarebbe finito il campionato, però questo non è successo. Noi da signori accettiamo il verdetto del campo anche se sappiamo che sarebbe potuto andare diversamente. Negli anni poi abbiamo visto cosa è successo. Sentiamo nostro quello scudetto perchè lo abbiamo meritato in campo”.
La Coppa UEFA era un obbiettivo dichiarato?
“Noi dal primo giorno che siamo stati insieme siamo scesi in campo per vincere qualsiasi cosa. Noi avevamo l’obbiettivo di vincere più partite possibili. Era una squadra nata per vincere, normale che più vai avanti e vedi che la squadra rende. Eravamo un gruppo formidabile. Le partite si affrontavano in maniera spensierata, allegra. Mi ricordo che ascoltavamo la musica nello spogliatoio, eravamo sereni, come dovrebbe essere. Quando dovevamo fare delle rimonte eravamo convinti. Questa era una squadra unica, io ho giocato con tante squadre, ma questa era davvero unica, formata da campioni ma anche da gregari, ed eravamo allenati da un allenatore importante come Simoni”.
L’Inter attuale come la vede? E’ simile in qualche modo alla “tua”?
“E’ diversa come squadra, è un’Inter partita in sordina ma con tanti problemi, io ci ho creduto sempre perchè alla guida di questa squadra c’è un allenatore importante che sa fare ed insegnare calcio. Questa squadra da quando ha battuto il Tottenham è cambiato l’atteggiamento, è più sicura, gioca fraseggia ed è più serena. Non mollano mai riuscendo anche a ribaltare situazioni difficili. Ci mette cuore. Vedo una squadra che può fare bene”.
Dove si schiererebbe nell’Inter dei giorni nostri?
“Sulla fascia, sempre. Non so al posto di chi. Il mio ruolo è sempre stato quello, puntare l’uomo e mettere i cross al centro dell’area per gli attaccanti. Io nasco tornante, Mazzone mi faceva fare da bandierina a bandierina, fare sia la fase offensiva che difensiva. Il calcio poi è cambiato e mi sono adattato a fare l’ala. Facevo comunque tutta la fascia. Ora non esiste più questo ruolo, l’esterno ora è più una punta. Nel mio DNA c’era soltanto l’offendere rispetto al difendere (ride ndr)”.
Cosa ha pensato e come ti è venuta la rovesciata in Coppa UEFA al Neuchatel Xamax?
“Nulla, solo istinto. Io ero un giocatore che viveva dell’istinto. Tutto ciò che ho fatto è perchè me lo ha dato madre natura. Per fare questi gesti è normale che serva un pizzico di follia. Anche il gol contro il Piacenza, uno dei più belli, l’ho fatto perchè sapevo di essere sostituito e alla prima occasione ho detto: “Cerco di risolvere questa partita”, ma solo un pazzo come me avrebbe potuto fare una cosa del genere, poi è andata bene. Il talento è pazzia”.
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