Thiago Motta, parole che fanno sognare i tifosi: “L’Inter…” (GdS)
Thiago Motta, le sue parole
Thiago Motta è ricordato con enorme piacere da tutti i tifosi nerazzurri: ha fatto parte della leggendaria squadra del Triplete, nonostante il rosso rimediato al Camp Nou, non certo per colpa sua, poteva costare caro in termini di qualificazione alla tanto sognata finale del Bernabeu.
Oggi Thiago ha smesso di giocare a calcio, nonostante non sia molto in là con gli anni (36, ndr) e allena la formazione under 19 del Paris Saint-Germain, squadra con la quale ha concluso la sua carriera. E già a questi livelli il suo marchio di fabbrica è evidentissimo: il 2-7-2. No, non abbiamo sbagliato a scrivere, è davvero il 2-7-2.
Il perché lo facciamo spiegare da lui, intervistato in esclusiva dalla Gazzetta dello Sport: «No, io il portiere lo conto in quei 7 in mezzo al campo. Per me l’attaccante è il primo difensore e il portiere il primo attaccante. Dal portiere parte il gioco, con i piedi, e dalle punte il pressing offensivo per recuperare la palla». Un concetto rivoluzionario, che però nasce dalla scuola del “tiqui taka” frequentata ai tempi del Barcellona.
“L’Inter fermerà la Juventus”
Thiago Motta continua a seguire con interesse le vicende del campionato italiano. A tal proposito, non ha dubbi su chi fermerà l’egemonia juventina: «L’Inter non è ancora pronta. Ma la Juve non deve diventare una scusa per le altre: non vincerà per sempre. Nessuno lo fa. Smetterà. E credo che sarà l’Inter a interrompere questa monarchia».
Infine, una parola su Mourinho, conosciuto ai tempi del Triplete: «Un vincente. Nel senso che lui in testa ha solo un obiettivo: vincere. Non gli interessa lo spettacolo. Mourinho ha due facce: una felice quando vince, una incazzata quando perde. Il suo umore cambia in base al risultato. Se hai giocato bene, ma hai perso, lui non riesce a trovarci niente di positivo. Mentre se vince giocando malissimo è felicissimo. La partita di Mourinho si gioca nelle due aree. La sua in cui devi morire pur di non far segnare l’avversario e quella avversaria in cui devi affondarlo. Il centrocampo è un fastidioso percorso tra due campi di battaglia. Se viene saltato, meglio: il tiqui taca non gli appartiene. Mou non cerca il bello, cerca un nemico, se non ce l’ha lo crea. Con l’Inter avevamo 11 punti di vantaggio in campionato, perdemmo una partita e ne pareggiammo un’altra. Il lunedì fece una conferenza, parlò 15 minuti di fila attaccando tutti: Galliani, il Milan, la Roma, gli arbitri, la Juve… Doveva ricaricare l’ambiente». Un mito. Anzi, due.