Lunga intervista di Walter Samuel alla Gazzetta dello Sport. L’argentino, nelle vesti di doppio ex, ha parlato anche della sfida di domenica sera tra l’Inter e la Roma.
«Il Muro» le piaceva?
“Esagerato, com’ero io a inizio carriera quando prendevo gol: uscivo dalla partita. Però l’odio per la palla nella tua porta esiste, chieda a Burdisso, a Materazzi, a Cordoba: diventiamo matti ancora oggi, se succede”.
E così nacque il «fallo alla Samuel», intimidatorio ed entro il terzo minuto di gioco?
“Quello ve lo siete inventato voi negli ultimi anni: io ho sempre “marcato il territorio”, verso la fine della carriera forse non avevo più la stessa rapidità e magari arrivavo lungo… Però non sono mai entrato per fare solo male”.
Era più facile difendere con Aldair o con Lucio?
“I primi mesi con Lucio furono duri: non giocava di reparto, ma poi ci siamo capiti ed è nata l’intesa”.
Si rivede più in Manolas o in Skriniar?
“Manolas è più forte uno contro uno. Direi Skriniar: colpo di testa, lancio preciso. Forse non è la cosa che si ricorda, ma ce l’avevo anch’io”.
Che Icardi ha visto da poco in nazionale?
“Si sta sforzando di fare quello che gli hanno chiesto un po’ tutti. Riguardate il gol al Messico: va incontro alla squadra, protegge la palla e solo dopo va a segnare”.
E Lautaro Martinez?
“Ha un futuro enorme davanti. Ma deve avere la pazienza di aspettare le sue chance e la fretta di farsi trovare pronto”.
Spalletti parla di «calcio in avanti».
“Con l’Inter è sempre stato difficile giocare contro la sua Roma. L’ho studiato molto, soprattutto certe giocate a memoria con il trequartista”.
Scudetto a Roma, Champions con l’Inter: gioie paragonabili?
“Per una cosa sì: l’adrenalina di regalare una gioia che mancava da troppo tempo”.
Se ripensa alla Champions con l’Inter?
“Quella volta al Circo Massimo ci andai: era San Siro, appena atterrati da Madrid con la coppa. Ma anche a Malpensa tornati da Barcellona fu una bella botta di brividi”.
Chi l’ha messa più in difficoltà ce lo dice?
“Uno che non ha citato: Cassano. Partitella, lo chiudo sulla linea di fondo, mi dico “Ecco, adesso non ha spazio per muoversi da nessuna parte”. Con un tocco, uno solo, lui si gira e va via, da dove non l’ho mai capito: nello spogliatoio mi massacrò, gli altri ridevano, io avrei spaccato tutto”.
Sempre in ordine sparso: Carlos Bianchi, Bielsa, Capello, Mancini, Mourinho, Maradona. Cosa le hanno insegnato?
“Diego la passione nel motivare. Bielsa a correggermi in dettagli tecnici che prima non guardavo neanche. Bianchi e Mourinho come si gestisce un gruppo. Capello con un solo esempio («Guarda che così Inzaghi te la ruba e neanche ti accorgi») mi ha fatto capire l’importanza di giocare la palla velocemente e mi ha lasciato un motto, dopo un brutto litigio con Panucci: squadra nervosa, squadra vittoriosa. Il Mancio è quello con cui ho discusso di più: allora aveva ancora reazioni da calciatore, e una volta gliel’ho proprio detto”.
Che Roma-Inter sarà?
“La Roma fa un po’ fatica, è irregolare, a volte inspiegabile. Visto in Champions? Gran primo tempo, ha preso un colpo e si è sciolta: mi sembra un fatto mentale, più che altro. L’anno scorso mi impressionava la sua identità, ora è come se non fosse convinta fino in fondo di quello che fa e le sta mancando De Rossi: non vinci senza gente che ha vinto e in Italia è dura trovare giovani già da prima squadra a 18 anni, come fece lui. L’Inter si è consolidata: Spalletti sta trovando solidità e continuità. A Londra fino al gol ha tenuto benissimo, e guardate che il Tottenham è forte forte. Anche la Roma in casa è forte, ma io vedo ancora l’Inter almeno un passettino avanti”.
E cosa potrà dire, Roma-Inter?
“La Juve è lontana, per loro due lo scudetto sarà arrivare di nuovo in Champions. Però chi fa bene domenica prende coraggio, e ne vorrei vedere di più in tutte le squadre, non solo Roma e Inter. Per dare almeno un po’ più di fastidio alla Juve, dai”.