Nel basket, quando ci si trova difronte ad un atleta di grande talento che però non riesce a esprimere tutto il suo potenziale, vuoi per gli infortuni o vuoi semplicemente perché non ci sta con la testa, si parla di “what if player”. Se applichiamo questo concetto al calcio e all’Inter in particolare, uno dei primi calciatori che viene in mente a quelli che galleggiano attorno ai 30 anni è sicuramente Andy Van der Meyde.
La società nerazzurra lo acquistò nell’estate 2003 per accontentare l’allora tecnico interista Hector Cuper che chiedeva a gran voce esterni di talento. Arrivava dall’Ajax, società con uno dei vivai migliori del mondo e con una valigia enorme piena di classe. Il suo gol realizzato all’Highbury contro l’Arsenal è entrato nella storia nerazzurra.
Purtroppo quel gol è stato uno dei pochissimi colpi di genio del folletto olandese, rimasto vittima delle sue paure, dei suoi complessi e quindi impossibilitato a mostrare il meglio di sé sui campi di tutta Italia. Oggi Andy è tornato a parlare e lo ha fatto con un’intervista esclusiva rilasciata alla Gazzetta dello Sport, nella quale ha ripercorso le tappe della sua assurda carriera.
L’Inter è rimasta nel cuore di Andy Van der Meyde, lo ha confermato lui stesso: «Spero che passi agli ottavi. I nerazzurri sono la mia squadra, sono ancora tifoso interista. Per il Tottenham al Camp Nou sarà difficile. Il Barcellona potrebbe mettere in campo una squadra B, gli inglesi andranno con la squadra più forte: sarà una partita interessante. Il Psv a Milano non ha niente da perdere, ha giovani di valore come Lozano. Ma sono certo di una cosa: quando i nerazzurri giocano in casa e devono vincere, alla fine vincono».
Infine, un pensiero sui rimpianti della sua carriera: «Tanti, ma ora sto bene. Ho sempre pensato di essere nel giusto e che erano gli altri a sbagliare. Vedevo il mondo contro di me, ero giovane, ero stupido, abbassavo la testa e non ascoltavo l’allenatore e gli altri. Oggi tanti giocatori fanno ancora errori come i miei». E l’invito che Andy rivolge a questi, ovviamente, è di non farli. Perché se hai un talento devi coltivarlo, non buttarlo via.