Il pasticcio combinato dall’arbitro Di Bello e dal Var Chiffi in Roma-Genoa (rigore solare non assegnato nel finale ai rossoblu) è l’ultimo episodio negativo di questa stagione a livello arbitrale. “Anche se Rizzoli ritiene Di Bello molto più responsabile di Chiffi – spiega la Gazzetta dello Sport -. Doveva ritenere «decisiva» la spinta del romanista e assegnare il rigore al Genoa. Averla vista e valutata «ininfluente», ha tagliato fuori l’intervento di Chiffi. Possibile? Il famigerato protocollo non prevede che il Var stia lì proprio a correggere gli «errori chiari ed evidenti» del collega? Già, ma la dicitura è così vaga che successivamente dall’Ifab sono giunte indicazioni – informali – per una distinzione tra errori di un tipo e dell’altro”.
“Si scopre, dunque, che per i «contatti bassi» si tende a chiamare in causa più frequentemente il Var perché il replay può aiutare a dirimere la controversia; viceversa per i «contatti alti», come la spinta di Matuidi su Belotti, si privilegia la valutazione del campo perché l’immagine al rallentatore tende a far apparire ogni contatto un rigore. Mentre i tocchi con mani e braccia vanno rivisti tutti. Diciamolo onestamente: suona troppo cervellotico. Comprensibile solo agli addetti ai lavori. Rizzoli e i suoi colleghi ne sono consapevoli, motivo per cui hanno lavorato a delle proposte di modifica del protocollo già al vaglio dell’Ifab. Primo intervento da apporre, declinare l’intervento della Var per ogni tipologia di errore: un mani non visto, un fuorigioco, un contatto basso, un contatto aereo. Così, almeno, in ogni caso sarà scritto nero su bianco come gli arbitri devono comportarsi. Oggi, il «non detto» del protocollo sta generando troppi equivoci”.