Vampeta, il Tardelli moderno che non conquistò quello autentico
Marcos Andrè Batista Santos, calciatore brasiliano di professione centrocampista, fa parte delle tante meteore transitate nel campionato italiano. L’Inter lo acquista dal Corinthians nell’estate del 2000. Con la casacca del Timão, indossata in 53 occasioni, ha realizzato quattro reti. Gli addetti ai lavori non esitano nel definirlo un colpaccio di mercato, l’ennesimo della gestione Moratti. Le aspettative, purtroppo per i tifosi nerazzurri, saranno deluse molto presto.
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Un vampiro alla corte di Lippi
Vampeta, questo è il soprannome del calciatore, arriva a Milano all’indomani della cocente eliminazione dei nerazzurri ai preliminari di Champions League contro un modesto Helsingborg. Zanetti e compagni, sconfitti in Svezia per 1-0 durante la gara di andata, non riescono nell’impresa,-se così vogliamo definirla-, di riequilibrare il risultato tra le mura amiche contro avversari poco quotati. E dire che Recoba, “El Chino”, ha sui piedi la palla per condurre l’incontro ai supplementari.
L’occasione è ghiotta, la tavola è imbandita. Calcio di rigore per l’Inter, di quelli che non si possono e non si devono sbagliare. Recoba, purtroppo per lui e per i cuori nerazzurri, si lascia ipnotizzare dal bravo portiere avversario. È la fine del sogno e l’inizio di un incubo destinato a durare una intera stagione.
Ad addolcire l’amaro ci pensa il calciomercato. Vampeta è il dessert, la ciliegina sulla torta, o meglio, avrebbe dovuto esserlo. Il curioso soprannome deriva dall’unione tra vampiro e capeta, che significa diavolo. L’attribuzione nasce da tempi lontani, dal periodo di militanza con il Vitoria, stagione 1993/94. Vampeta, a quel tempo, non possedeva gli incisivi centrali, e ricordava nell’aspetto un vampiro, feroce essere mitologico.
A differenza di Dracula, celebre personaggio creato da Bram Stoker, ed ispirato a Vlad III principe di Valacchia, il vampiro dell’Inter troverà molto prima il suo antagonista. Marco Tardelli, e non Van Helsing, rappresenterà l’ostacolo più grande della sua avventura italiana.
Il primo gol, solo un’illusione
L’inizio della sua storia in nerazzurro, contrariamente al finale, è più che soddisfacente. Moratti acquista Vampeta per rinforzare il centrocampo a disposizione di Marcello Lippi, che può comunque contare su calciatori del calibro di Di Biagio, Cauet, Seedorf, Jugovic e Farinós. Il Paul Newman nostrano non ci pensa due volte, e lo getta immediatamente nella mischia.
L’esordio avviene in Supercoppa Italiana contro la Lazio, una partita subito decisiva. La squadra perde 4-3, e l’Inter lascia l’Olimpico con la medaglia di partecipazione e con l’augurio di ritentare in altre circostanze.
Il vampiro riesce comunque a mordere la retroguardia biancoceleste. È sua l’ultima rete di un incontro bello e divertente. Si tratta di un’Inter in fase sperimentale, orfana di Ronaldo, infortunatosi gravemente durante la finale di Coppa Italia proprio contro la Lazio, e di Bobo Vieri. I tifosi sono alla ricerca di nuovi idoli da esaltare, ma difficilmente potranno farlo con gli attaccanti.
A differenza dell’aquila laziale, pronta a volare grazie alla spinta di Hernan Crespo e Claudio Lopez, il reparto avanzato nerazzurro si presenta a Roma con Hakan Sukur e Robbie Keane. Il nazionale turco, con trascorsi granata, avendo giocato a Torino nel 1995/96, e l’irlandese prelevato dal Coventry City, non finiranno nella lista dei calciatori indimenticabili della Beneamata.
A dirlo, qualche anno dopo, saranno gli almanacchi, fedeli cronisti della storia del calcio. Sukur chiuderà la sua esperienza meneghina nel 2001, prima di passare al Parma, con ventiquattro presenze e cinque reti, mentre Keane collezionerà la miseria di sei presenze. Tornerà in Premier League dove contribuirà alle fortune pallonare di Leeds United e Tottenham.
Lippi non può farci nulla, in attesa di tempi migliori e di recuperi importanti, compreso quello di Zamorano, deve fare i conti con l’artiglieria pesante a disposizione. Le alternative in panchina si chiamano Sixto Peralta e Corrado Colombo, non certo Ramon Angel Diaz ed Aldo Serena. Il tecnico toscano può consolarsi con Vampeta, l’unica nota positiva della serata capitolina.
Con Tardelli non scocca la scintilla
Lippi crede nelle qualità del centrocampista brasiliano, e lo conferma titolare alla prima di campionato contro la Reggina. Sfidando ogni pronostico, i nerazzurri tornano dalla bella Calabria senza punti e, di fatto, senza allenatore. Con le sue dichiarazioni non certo al miele, Lippi costringe Moratti ad esonerarlo al termine dell’incontro.
“Fossi il presidente manderei via subito l’allenatore, prenderei i giocatori, li attaccherei tutti al muro e li prenderei a calci, perché non esiste giocare in questa maniera, non esiste nella maniera più assoluta”.
Al suo posto viene scelto Marco Tardelli, che bagna l’esordio con una vittoria contro il Napoli. Vampeta non gioca, si accomoda a scaldare la prima di una lunga serie di panchine con vista San Siro.
Che poi non sono tante, per la verità, perché Tardelli lo lascia spesso in tribuna. Sarà lo stesso Vampeta a spiegare, molti anni più tardi in una intervista alla Gazzetta dello Sport, i motivi della precoce rottura con l’ex campione del mondo.
“Dopo un allenamento Tardelli mi disse che non mi conosceva. Risposi che neanche io lo conoscevo, e me ne andai. Rimasi all’Inter sette-otto mesi. A chiedere il mio acquisto fu Lippi, che se ne andò dopo il primo K.O., non Tardelli. Con lui ero demotivato”.
Campione del mondo
Per uno strano caso del destino, il Tardelli moderno,-così tempo prima Giancarlo Antognoni aveva definito Vampeta-, non piace al Tardelli autentico. L’addio all’Inter è indolore. Il vampiro passa al Paris Saint Germain, dove dura meno di una corsa in metropolitana. Fa ritorno in Patria, al Flamengo, giusto in tempo per entrare nella rosa dei convocati di Luiz Felipe Scolari per il Mondiale di Corea e Giappone.
Una sola apparizione, diciotto minuti nella gara d’esordio contro la Turchia, ma tanto basta per entrare nell’Olimpo dei campioni del mondo, tra gli eroi di Yokohama. Quel vampiro poco celebre a Milano, riceve lodi ed applausi in Brasile.
Vampeta non è stato un Tardelli moderno, non ce ne voglia lo straordinario Antognoni. Si è trattato, certamente, di un buon regista, arrivato all’Inter nel momento forse sbagliato. In altre epoche,- e su questo nutriamo pochi dubbi-, la sua storia in nerazzurro sarebbe finita diversamente.