Juan Sebastian Veron arriva in Italia nel ‘96. A volerlo è Sven Goran Eriksson, tecnico della Sampdoria. L’allenatore svedese individua nel talento del Boca Juniors il naturale sostituto del partente Clarence Seedorf, destinato, così come Karembeu, al Real Madrid. È una intuizione geniale, la Sampdoria si dimostra autentica rivelazione della prima parte di stagione. Dai piedi di Veron partono lanci precisi per Mancini e Montella, nuovi gemelli del gol blucerchiati. Non solo assist, ma anche sette gol in due stagioni che valgono la corte serrata del Parma di Tanzi. Dopo due stagioni vissute all’ombra della Lanterna, Veron viene ceduto ai ducali.
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In Emilia rimane per una sola stagione, giusto il tempo di conquistare coppa italia e coppa Uefa. Vittime sacrificali sono il Marsiglia e la Fiorentina, annichilite dai colpi letali di Hernan Crespo e Paolo Vanoli. Veron adora Parma, si trova molto bene. La città è a misura d’uomo, molto bella, organizzata, ideale per vivere. I rapporti con Malesani e con i compagni di squadra, da Thuram a Cannavaro, fino a Buffon e Chiesa sono ottimi, ma il fascino di Eriksson e l’offerta allettante di Cragnotti, rappresentano un dolce richiamo.
Un canto simile a quello delle sirene, non letale come quello che tentò invano di ammaliare Ulisse, ma altrettanto difficile da ignorare ed impossibile da rifiutare. A Roma sono ancora scottati dal finale di campionato, da uno scudetto volato via sul più bello. Vieri lascia Roma e si trasferisce all’Inter, mentre Diego Pablo Simeone compie il percorso inverso. Cragnotti ed Eriksson non vogliono fallire, e da Parma arriva anche Nestor Sensini.
Veron si erge sin dalle battute iniziali a pedina fondamentale di un centrocampo tra i più forti, se non il più forte del secolo. Sergio Conceicao e Pavel Nedved sulle fasce, Almeyda e Simeone in mediana, e Veron, la Brujita, pronto a lanciare l’attaccante di turno, il Matador Marcelo Salas, l’esperto Roberto Mancini o il giovanissimo Simone Inzaghi.
Quella squadra stellare conquista uno scudetto, una supercoppa europea, una coppa italia ed una supercoppa italiana. Il finale di campionato è per cuori forti. La Juventus, che fino a poche giornate dalla fine era in vantaggio di ben nove punti in classifica, è di scena a Perugia contro i grifoni, mentre i biancocelesti ospitano la Reggina allo stadio Olimpico.
Il Perugia di Luciano Gaucci non ci sta a passare da vittima sacrificale. Gli umbri passano in vantaggio ad inizio ripresa con una rete di Alessandro Calori. Il risultato non cambia, i bianconeri sono incapaci di reagire, di riequilibrare la gara. L’aquila laziale è libera di volare nel cielo azzurro di Roma, osannata dal festante popolo biancoceleste, mentre la Vecchia Signora raccoglie i cocci sotto il diluvio di Perugia, colpita ed affondata dall’artiglio del Grifo biancorosso.
In Inghilterra le cose non vanno bene. Veron disputa due stagioni in chiaroscuro con i Red Devils, in coppia con Paul Scholes, mentre a Londra scende in campo con il contagocce. Saranno solo sette le presenze con i blues guidati da Claudio Ranieri.
A fine stagione torna in Italia, accettando il serrato corteggiamento di Massimo Moratti. Il numero uno nerazzurro crede nelle qualità della Brujita e gli offre un contratto triennale.
Veron ritrova in panchina il suo ex compagno Roberto Mancini. I nerazzurri cominciano la stagione 2004/05 con qualche pareggio di troppo. Veron fa coppia con l’ex juventino Edgar Davids fino a quando sale in cattedra Esteban Cambiasso, il cuchu, destinato a diventare una leggenda dell’Inter, e la musica cambia. I due si integrano alla perfezione, la squadra comincia ad ingranare e raggiunge la Champions League.
L’anno dopo,-che si concluderà con la vittoria del campionato per le note vicende di Calciopoli-, si apre con la sfida alla Juventus in supercoppa italiana. È una partita combattuta e tesa, sbloccata nei tempi supplementari dal gol vittoria di Veron.
La Brujita strega la Vecchia Signora con un tiro di destro che beffa Chimenti. Nonostante un altro anno di contratto sente che la sua avventura italiana è giunta al capolinea. Troppo forte è il desiderio di rientrare in Patria e di poter nuovamente indossare la gloriosa maglia dell’Estudiantes de La Plata.
Ad attenderlo c’è Simeone, compagno di reparto, guerriero di tante battaglie, nuovo allenatore al posto di Burruchaga. Il Cholo accetta la panchina dei Los Pincharratas, pugnalatori di topi, con il chiaro intento di conquistare il torneo di Apertura. Simeone costruisce la squadra attorno alla classe di Juan Sebastian Veron.
Durante il torneo di Apertura i biancorossi centrano dieci vittorie consecutive e chiudono al primo posto insieme al Boca Juniors. Le due squadre si affrontano il 13 dicembre del 2006 in uno spareggio. Il Boca Juniors di Rodrigo Palacio e Fernando Gago, favorito alla vigilia, si porta in vantaggio con Martin Palermo.
La partita sembra in discesa ma gli Xeneizes hanno fatto i conti senza l’oste, e subiscono la rimonta firmata Sosa e Pavone. Veron è tra i protagonisti assoluti di quel campionato. La Brujita ha compiuto l’ennesimo sortilegio di una carriera straordinaria, un’altra magia per i suoi tifosi, sempre più innamorati delle sue giocate.
Veron conclude la carriera nel medesimo giorno in cui Javier Zanetti, altra leggenda argentina e nerazzurra, appende le sue scarpette al chiodo. Ha vinto dovunque, portando in ogni squadra il suo carisma, la sua garra, la voglia di non mollare mai.
Ha messo d’accordo tifosi di ogni parte del mondo, accarezzando il pallone come pochi altri hanno saputo fare. Ha compiuto stregonerie solo a fin di bene, con l’intento di lasciare un segno nella storia del calcio, riuscendoci in modo esemplare.