Matthias Sammer, la gloria in giallonero, una parentesi in nerazzurro

Matthias Sammer è stato uno dei pochi difensori a vincere il Pallone d’Oro. Un trofeo quasi inaspettato perché conquistato contro avversari del calibro di Ronaldo e Del Piero, solo per citarne alcuni. Una prestigiosa carriera arricchita da tante vittorie con la maglia del Borussia Dortmund e con l’Europeo del 1996. Nel momento migliore, all’apice della forma, ecco arrivare un grave e brutto infortunio. Nel 1992/93 Sammer indossa la maglia dell’Inter in undici occasioni e mette a segno quattro reti. Poche ma determinanti per accrescere i rimpianti di una storia che avrebbe potuto essere importante, ma che è terminata come un semplice flirt.

Indice dei contenuti

1 In nerazzurro poche luci

2 Una scalata verso la gloria

3 Tanti saluti alla Vecchia Signora

4 Una battaglia per la vita

5 La famiglia, ecco la vittoria più grande

In nerazzurro poche luci

L’Inter acquista Sammer nel 1991. D’accordo con lo Stoccarda raggiungerà Milano solo un anno più tardi. Il fresco campione di Germania è convinto di ritrovare in nerazzurro Brehme, Matthäus e Klinsmann, compagni in Nazionale. Per sua sfortuna i tre lasciano Milano dopo una stagione travagliata.

Un duro colpo per l’ambientamento di Sammer. Il feeling con l’Italia stenta a decollare. Le cose fuori dal campo non vanno benissimo, ed anche con Osvaldo Bagnoli nascono piccole incomprensioni. Sammer vorrebbe giocare trequartista, mentre l’allenatore lo vede in posizione più arretrata.

Dopo quattro reti realizzate contro Napoli, Roma, Pescara e Juventus e sole undici presenze, decide di fare ritorno in Patria. Ad attenderlo c’è il Borussia Dortmund disposto a versare nelle casse dell’Inter di Ernesto Pellegrini una cifra pari a nove miliardi e mezzo. Saranno tanti i rimpianti in casa nerazzurra per aver solo assaporato le pregevoli doti del futuro pallone d’oro.

Una scalata verso la gloria

La consacrazione definitiva avviene proprio in maglia giallonera. Nel biennio 1995/97 Sammer conquista una Bundesliga, un Campionato Europeo ed il prestigioso Pallone d’Oro. La voglia di vincere non accenna a diminuire, manca all’appello la Champions League, coppa dalle grandi orecchie. La rosa allestita sembra poter puntare molto in alto, complice la sapiente guida tecnica di Ottmar Hitzfeld.

La fase a gironi vede i gialloneri classificarsi al secondo posto,-solo per differenza reti-, alle spalle dell’Atletico Madrid di Rodomir Antic. Dopo la vittoria per 1-0 in Spagna con gol di Stefan Reuter, il Borussia capitola tra le mura amiche. Al vantaggio di Herrlich, rispondono prima Roberto e poi Pantic. Poco male, Sammer e compagni volano alla fase eliminatoria.

La pratica Auxerre, avversari affrontati ai quarti di finale, viene liquidata in estrema scioltezza, ma in semifinale è tutta un’altra musica. L’avversario di turno è il Manchester United di Sir Alex Ferguson, leader incontrastato della Premier League.

I Red Devils sono favoriti. Cantona, Giggs, Beckham, Cole e Solskjaer sono ossi troppo duri. Come se non bastasse, la malasorte si accanisce sul Borussia Dortmund, costretto a rinunciare a ben sette titolari.

La differenza la fanno la tenacia dei tedeschi e la classe sopraffina di un Paulo Sousa in forma smagliante. La supponenza degli inglesi si sgretola ad un quarto d’ora dalla fine. Il gol vittoria lo realizza Renè Tretschok. La gara di ritorno è decisa da Lars Ricken. Il Borussia Dortmund vola in finale contro la Juventus, vera e propria bestia nera degli ultimi anni.

Tanti saluti alla Vecchia Signora

Nel Borussia Dortmund ci sono ben cinque ex juventini. Julio Cesar, Stefan Reuter, Jürgen Kohler, Andreas Möller e Paulo Sousa. Il loro più grande desiderio è far ricredere la dirigenza della Juventus colpevole di averli sbolognati troppo presto. La cattiveria agonistica di Riedle, un passato alla Lazio, un futuro al Liverpool, rapace d’area di rigore, stende i bianconeri in cinque minuti. Möller domina sulla trequarti e Ricken sigilla la vittoria con un pallonetto di rara bellezza che beffa l’incredulo Peruzzi. Per Matthias Sammer, capitano e leader della squadra, si tratta di una gioia immensa, forse la più grande della carriera.

Una battaglia per la vita

Nell’ottobre del 1997 Sammer decide di sottoporsi ad un intervento di routine al ginocchio. Poco tempo e poi di nuovo in campo. Bisogna conquistare la Coppa Intercontinentale contro i brasiliani del Cruzeiro. Le cose, semplici solo in apparenza, si complicano terribilmente. Lo staphilococcus aureus, un batterio ostinato, si rivela resistente alla meticillina provocando gonfiore all’articolazione e febbre alta.

I medici decidono di preparare al peggio la moglie del possente difensore. Si tenta l’ultima carta, un ultimo antibiotico, ed il miracolo accompagnato sapientemente dalla scienza, riesce. Sammer è costretto a rinunciare all’attività agonistica. Avrebbe potuto continuare ma non sarebbe stato più il grande leader difensivo, il muro insormontabile, il faro determinante per i suoi compagni di tante sfide. Deve accontentarsi di gioire da spettatore per la grande vittoria dei gialloneri in terra giapponese.

Il Borussia Dortmund di Nevio Scala, allenatore scottato dalla retrocessione di Perugia, e desideroso di rivivere in Germania i fasti di Parma, sconfigge il Cruzeiro di Bebeto per 2-0. Möller, il nuovo capitano, man of the match, guida i gialloneri attraverso il sentiero dorato della leggenda calcistica. La vittoria è dedicata a Matthias Sammer.

La famiglia, ecco la vittoria più grande

Sammer ha conquistato la vittoria più difficile lottando in un letto di corsia. Si è ripreso la sua vita con la stessa tenacia che lo ha accompagnato sul verde rettangolo di gioco. Pazienza se è stato costretto ad appendere troppo presto le scarpette al chiodo. Voltandosi indietro potrà sentirsi fiero ed orgoglioso per quanto costruito.

È stato il capitano del Borussia Dortmund più forte di sempre, ha sollevato al cielo un titolo dopo l’altro e, nonostante il breve tempo vissuto a Milano, ha lasciato un ottimo ricordo nel cuore dei tifosi nerazzurri.

Viel glück, großer Kapitän!

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Davide Losc