MORATTI INTER – L’ex presidente e patron dell’Inter, Massimo Moratti, al Corriere della Sera, rivela diversi particolari della sua gestione all’Inter. Dall’acquisto di Wesley Sneijder, al dualismo tra Zlatan Ibrahimovic ed Esteban Cambiasso, fino a diverse trattative e sogni sfumati.
Il primo aneddoto riguarda l’acquisto di uno degli eroi del Triplete, Wesley Sneijder: «A Forte dei Marmi, mi fermò un barista: “Presidente, ci manca un unico giocatore. Quello che darà le accelerate decisive in mezzo al campo. Sneijder”. Parlò con tale forza persuasiva che io, per non commettere errori, chiamai Marco Branca chiedendogli di sentire José Mourinho. Branca richiamò e disse che Mou aveva esclamato: “Magari”. Partimmo con la trattativa, che si sbloccò anche perché al Real Madrid Sneijder non trovava spazio. Quel barman non l’ho più rivisto. Lo volevo ringraziare».
Ci fu anche un caso particolare tra Zlatan Ibrahimovic e Esteban Cambiasso: «Ci fu un periodo in cui Zlatan chiedeva con frequenza di venire in sede a parlare. Partiva prendendo il discorso alla larga, ma era evidente che avesse qualcosa di impellente da comunicarmi. E io: “Forza, dimmi”. Al che lui diceva che, tutto sommato, la squadra avrebbe anche potuto fare a meno di Cambiasso. Io strabuzzavo gli occhi: “Cambiasso?”.
Passava qualche giorno, e anche lo stesso Cambiasso arrivava in sede: pure Esteban partiva da lontano, i minuti trascorrevano e io: “Forza, dimmi”. Cambiasso si premurava di farmi sapere che, tutto sommato, la squadra avrebbe anche potuto fare a meno di Ibrahimovic». Poco dopo lo svedese venne infatti ceduto al Barcellona, ma Moratti nega il coinvolgimento dello spogliatoio nella vicenda: semplicemente Zlatan voleva a tutti i costi il club catalano.
L’ex presidente nerazzurro provò a trattare addirittura Andres Iniesta: «Fu subito chiusura totale. Non da parte del giocatore, a lui nemmeno arrivammo. Incontrai i vertici del Barcellona, avevamo forza economica e persuasiva. Parlai di parecchi giocatori. Ma quando pronunciai il nome di Iniesta, l’atteggiamento mutò radicalmente. Avrei potuto fare qualsiasi offerta e sarebbe stato inutile. Non lo avrebbero mai venduto».
Qualche anno prima il sogno era tale Eric Cantona: «Con lui le nostre vite si incrociarono nella giornata sbagliata. Quand’era in programma Manchester-Crystal Palace, la partita del calcio di Cantona al tifoso, ero coi miei figli in tribuna.»
Paul Ince lo seguivo già, e proprio in quell’incontro mi fece ulteriormente impazzire, per l’ardore con il quale si scagliò contro chiunque incontrasse. Ci vidi uno slancio, una generosità, un coraggio… Per carità, anche da parte di Ince ci fu un atteggiamento censurabile, con lui che menava le mani, massima condanna, ma io ci vedevo non la ricerca della violenza per far male quanto la voglia di difendere in ogni modo e a ogni costo lo stesso Cantona finito sotto assedio. Andai a casa di Ince per dirgli che doveva venire all’Inter. Accettò. Speravo che, finita la squalifica, avrebbe accettato anche Cantona. Ma era sfiduciato, senza energia, provato».
Fonte: Corriere della Sera