Una delle coppie d’attacco che i tifosi nerazzurri ricordano con affetto smisurato, quella in cui Carlo Muraro scorrazzava intorno a Spillo Altobelli genio e classe in mezzo all’area di rigore. Un suo amico lo ha descritto così: “Carlo è il contropiede e forse rappresenta il miglior atteggiamento verso la vita. Il riscatto, la vittoria. Magari stai nella tua area anche 89 minuti, pressato dalle avversità, ma prima o poi arriva l’occasione, la palla buona. Allora puoi partire in contropiede e segnare il gol che ti fa vincere”.
Essere battezzato con il nome del cavallo di famiglia non è cosa da tutti, e potrebbe sembrare pure di cattivo gusto. Carlo era infatti il nome del velocissimo equino che scorrazzava nella fattoria dei Muraro nel padovano. Quando nacque quel maschietto, il papà ebbe la sensazione di poter regalare a suo figlio la stessa velocità. Mai pensiero fu più giusto, l’incitamento paterno “vola, Carlo, vola” passò dal cavallo al figlio e da lì inizia la storia di uno degli attaccanti più veloci che San Siro ricordi.
La prima esperienza di Muraro con il pallone non fu un granchè. All’Oratorio, dopo una lunga trattativa con la famiglia, esordì come portiere. Prima uscita, tre ragazzini finiscono sul suo braccio. Risultato, omero rotto e decisione che forse era meglio spostarsi in attacco. Veloce lo era di natura, dote affinata tutti i giorni, appena uscito da scuola, dovendo inseguire l’autobus 57 per arrivare in tempo all’allenamento. Poi venne il primo lavoro, settecentocinquanta lire al mese ma per fortuna c’era il calcio. Tutte le domeniche in cui l’Inter era a San Siro, Carlo era a bordo campo, a soffrire per la sua squadra ma anche a guadagnare duemila lire a presenza. E a beccarsi del “mona” da Rocco per aver ritardato la consegna di un pallone mentre l’Inter vinceva lo storico derby del sorpasso nel 1971.
Il calcio, quello vero, arrivò qualche anno dopo. Muraro racconta che quando portò a casa il contratto con l’Inter, 18 milioni l’anno, papà Antero svenne dall’emozione. Quando poche settimane dopo portò il primo stipendio, il padre ebbe un nuovo mancamento, e da quel momento Carlo non parlò più di soldi con suo padre. Altri tempi, quando non esistevano procuratori ed i contratti erano solo annuali. Ad aprile si aprivano le danze… quante partite hai giocato, con quale rendimento, quanti gol, bene, oppure male… e arrivava la firma sul contratto per l’anno dopo o il biglietto di sola andata.
Anni in cui le società pagavano investigatori privati per controllare le notti dei giocatori. Muraro non era un abitueè della movida milanese , il portiere del suo stabile rideva come un matto “pagano uno per controllare lei? Se mi danno 50 mila lire glielo dico io che non si muove mai, cosi risparmiano”.
Era un ragazzo quadrato Carlo, perché quadrata era la sua famiglia. Era già in orbita della prima squadra quando disse a suo padre che non ce la faceva più a conciliare calcio e studio. Si senti rispondere che non c’era problemi, bastava metter da parte il pallone. Con questi presupposti, nei ritiri dell’Inter, mentre gli altri si dedicavano ai passatempo più disparati, Carlo studiava per dare gli esami a Medicina. Riuscì a farlo per un paio d’anni poi dovette alzare bandiera bianca.
Nonostante ciò riuscì anche a riempire le cronache rosa, suo malgrado. I giornali iniziarono a parlare delle notti brave di Muraro per un presunto flirt con la bellissima Anna Maria Rizzoli, indimenticata protagonista di commedie sexy all’italiana. Era successo che alla fine di un evento nel quale Muraro aveva ricevuto un premio, il giocatore aveva trovato un taxi, l’attrice no. Muraro la invitò a salire per accompagnarla e mal gliene incolse. I flash dei papararazzi immortalarono la scena ed i settimanali di gossip sguazzarono per un po’ sul quella notizia. Fino a che Fraizzoli, uomo con entrature ecclesiastiche non indifferenti, fece convocare Muraro dal Vescovo di Milano. Muraro doveva sposarsi pochi mesi dopo, chiarì l’equivoco con l’alto prelato e anche il Presidente nerazzurro potè tranquillizzarsi.
Se qualcuno ha ancora negli occhi il 2010 di Eto’o terzino per coprire i vari Pandev, Snejider e Milito, potrebbe scoprire che Mourinho non aveva inventato niente di nuovo. Ci aveva già pensato mister Bersellini vari anni prima a far smoccolare Muraro, chiedendogli di giocare a tutta fascia. Magari qualche gol in meno ma tanta copertura in più dietro. Carletto stesso ricorda una di queste serate, in Coppa Campioni contro il Nantes, con Bossis più ala che terzino e il Sergente di Ferro a urlargli dietro di seguirlo. Il giorno dopo i giornali nelle loro pagelle parlavano di “Muraro spento, non tira in porta” ricorda il diretto interessato mandandoli ancora a quel paese.
Nel 1976 corse il rischio di vestire la maglia della Juventus. Boniperti inseguì Fraizzoli per tutta Italia nell’estate di quell’anno. Qualcuno parlò del presidente bianconero disposto ad offrire Anastasi in cambio del “Jair bianco”, altri raccontano che fosse Fraizzoli a volere Capello ed Anastasi, essendo disposto a metter sul piatto dello scambio proprio Muraro, insieme a Boninsegna e 600 milioni. Poi un uccellino gli disse in un orecchio che tra Capello e Anastasi c’era qualche problema e tutto saltò.
Muraro, un altro dei gioielli di quell’Inter costruita con amore paterno dal Sergente di ferro Bersellini, mai ringraziato abbastanza dall’Inter e dai suoi tifosi. Oggi Carletto commenta le partite su Sky, con grande competenza e moderazione, un opinionista quadrato, come è sempre stato nella vita e in campo.
PS: alcuni dei fatti riportati sono descritti da Spillo Altobelli, Carlo Muraro, Evaristo Beccalossi e Beppe Baresi in un libro scritto ad otto mani , “L’Inter ha le ali”. Quattro dei “suoi ragazzi” che hanno regalato a Bersellini alcune delle pagine più belle della sua carriera. Quattro nerazzurri da ringraziare, anche per queste testimonianze di un’epoca lontana e meravigliosa.