Spalletti Icardi, c’eravamo tanto amati. Una celebre trasmissione degli anni 80 racchiude al meglio la storia d’amore tra l’allenatore nerazzurro e l’attaccante argentino. Un punto di non ritorno testimoniato anche dalle dichiarazioni di Spalletti al termine della partita contro la Lazio.
Dubbi non ce ne sono, questo è lapalissiano. Sarebbe il caso, considerata l’importanza della posta in palio, di anteporre il bene dell’Inter alle logoranti questioni di spogliatoio. Si metta da parte l’orgoglio, almeno in questo finale di stagione. Poi si vedrà.
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Spalletti ha ragione nell’affermare che solo Cristiano Ronaldo e Messi fanno la differenza. L’allenatore di Certaldo, da sempre saggio e razionale, dimentica una cosa fondamentale. Icardi ha fatto la differenza in un’Inter ben lontana dai fasti del passato. Lo dicono i numeri, portatori di verità e certezza.
Se è vero che l’Inter ha conquistato la qualificazione in Champions League con Spalletti in panchina, è altrettanto vero che lo ha fatto con Icardi in campo. Ventinove reti in trentaquattro partite rappresentano un bottino rispettabile tanto quanto quello di Messi e Ronaldo.
Chi si attendeva una squadra bella e cinica come quella del derby, è rimasto deluso. Spalletti parla di gruppo, di squadra. Ecco perché l’assenza di Lautaro Martinez non può e non deve essere annoverata nelle fila degli alibi. Un uomo, seppur importante, non fa una squadra.
La verità è che l’Inter ha bucato una partita chiave al cospetto di una Lazio tutt’altro che irresistibile. Sia chiaro, sgombriamo il campo da inutili dubbi: i biancocelesti hanno vinto con pieno merito. Le uniche parate degne di nota sono state di Handanovic. L’estremo difensore nerazzurro ha tenuto in vita l’Inter in più di un’occasione.
Strakosha si è sporcato i guantoni una sola volta nel primo tempo. Prodigioso l’intervento su Keita, ritenuto pronto da Spalletti per interpretare il ruolo di centravanti. Bisognerebbe comprendere cosa abbia spinto il tecnico a sostituirlo con Joao Mario.
Icardi non fa la differenza in campo. Questo ha lasciato intendere Spalletti. Spostandoci dal campo alla panchina potremmo dire che neanche Spalletti, almeno per questa stagione, ha fatto la differenza. Compiendo un sofisticato ragionamento matematico potremmo affermare che se Icardi non sta a Cristiano Ronaldo e Messi, Spalletti non sta a Guardiola o Zidane. La domanda, come direbbe Antonio Lubrano, sorge spontanea: chi fa la differenza all’Inter?
Se non l’hanno fatta nè Spalletti, né Icardi, dovrà farla Marotta, uno abituato a vincere più del tecnico e del centravanti. Lo dice il curriculum dell’ex dirigente bianconero, ben più corposo di quello dell’allenatore e del centravanti.
L’Inter non può e non deve accontentarsi di un terzo o quarto posto. La qualificazione in Champions League per i nerazzurri dovrebbe rappresentare un punto di partenza, non di arrivo. Invece l’Inter annaspa e si affanna per conquistare quel terzo posto che, a questo punto della stagione, e con concorrenti dall’organico non all’altezza di quello dei nerazzurri, avrebbe dovuto essere blindato.
Le avventure di Spalletti e Icardi in nerazzurro potrebbero concludersi al termine del campionato. E forse, alla luce di quanto accaduto in questa annata dal finale incerto, sarebbe la cosa più logica. Il futuro dell’Inter è già cominciato e l’augurio dei tifosi nerazzurri è che sia roseo e privo di polemiche.