INTER MAROTTA – Spunti a gogò dalle parole dell’Ad nerazzurro nell’intervista rilasciata stamani a “Radio anch’io”, in qualche modo la prima vera esternalizzazione a 360 gradi del nuovo vertice sportivo nerazzurro dopo le parole di circostanza dei primi giorni e quelle affannate sul caso Icardi. 4 mesi in cui Marotta deve aver capito quanto sia diversa la realtà nerazzurra da quella che ha lasciato a Torino. E deve esserci rimasto proprio male, visto il disappunto che trapela dalle sue riflessioni.
Il confronto con la Juventus è continuo e serrato, la sua idea è quella di replicare a Milano il modello vincente costruito in bianconero. Partendo dalla riservatezza degli atteggiamenti, dall’impermeabilità di un ambiente da cui usciva solo quello che faceva comodo uscisse, mentre a Milano tutto sembra più caotico e improvvisato.
“Ci sta che alcuni soggetti finiscano con l’esternare cose che alla Juventus non verrebbero mai esternate” sono parole di grande realismo ma che sembrano scaricare le colpe su altri. Ma chi è che doveva gestire la comunicazione in un momento così delicato? Il giardiniere della Pinetina, il prete di Appiano Gentile ? Oppure il management che a lui risponde in via gerarchica, e se non a lui risponde all’altro Ad Antonello, con cui dovrebbe respirare all’unisono. Il pesce puzza dalla testa, anche se è arrivato sulla bancarella da pochi giorni. Sta al pescivendolo evitare che il cattivo odore impregni anche il pesce fresco, o no?
Dopo di che sarebbe oltremodo interessante conoscere con chi se la sta prendendo Marotta, chi sono quei “soggetti” nel suo mirino. Zanetti? Ausilio? Tertium non datur, perché il resto del management non sembra avere poteri tali da indirizzare la comunicazione della società. E se siamo già ad appellare come “soggetti” il Vice Presidente e il Ds non è difficile intuire che aria circoli in Corso Vittorio Emanuele.
La Juventus come modello non solo nell’organizzazione ma, evidentemente, anche nei risultati sportivi. Che il gap non si possa chiudere in pochi mesi è chiaro a tutti, Suning non ha mai fatto mistero di aver individuato un percorso sportivo e gestionale fatto di step by step e non di rivoluzioni.
Ma chiamare a discolpa il FFP che senso ha? L’Inter sta uscendo dal periodo più difficile proprio perché assediata dagli obblighi del settlement agreement.
Non ci sembra di peccare pensando che Marotta abbia scelto l’Inter anche per questo, perché il periodo delle vacche più magre era dietro le spalle e dunque difficile fare peggio degli anni scorsi. “Ci sono i paletti difficili del Fair Play finanziario da rispettare. Questi non ci lasciano carta bianca” Che significa? Sono gli stessi vincoli che hanno alla Juventus, al PSG, a Manchester a Madrid e a Barcellona. Che poi ci sia qualcuno che se ne sbatta è altro discorso. Ma la regola del break even è uguale sotto tutte le latitudini. Oppure c’è qualcosa che a Milano è sempre sfuggito a tutti? Si dica chiaro che anche nel prossimo mercato nessuno si aspetti follie da Suning. I tifosi lo sanno da ben prima del suo arrivo, non è una novità, ed appellarsi al FFP anche in questo caso somiglia troppo ad un tentativo di mettere le mani avanti di cui nessuno sentiva il bisogno.
E dulcis in fundo la questione allenatore. E’ evidente che Marotta aspira a portare sulla panchina di San Siro il suo fido Antonio Conte. Fa parte del suo modo di intrepretare la crescita, rappresentata sempre e comunque dal modello juventino vincente che ha davanti agli occhi. Ma Spalletti è stato confermato meno di dodici mesi fa con l’espressa volontà della famiglia Zhang.
Difficile andare a battere il pugno sul tavolo con loro. E liberarsi del tecnico costerebbe a Suning più di 20 milioni, il suo cavallo di battaglia ne chiede 11,6 netti per tre stagioni, che al lordo delle imposte fanno 60. Se Marotta è il primo a riconoscere che il percorso di avvicinamento al vertice sarà lungo, una somma del genere sarà di certo meglio impiegata per la squadra che non per altri scopi. Se in mezzo a mille difficoltà Spalletti garantirà l’accesso alla Champions anche quest’anno , piaccia o non piaccia a Marotta, la conferma del mister toscano sarà la scelta più opportuna.
Milano non è Torino, l’Inter non è la Juve (per fortuna). Marotta avrà il suo bel da fare per mettere insieme tutti i tasselli e gestirli nel modo migliore, per “marottizzare” l’Inter. E non è scritto in nessun codice che pensare continuamente ai tempi che furono sia la cosa migliore. Guardi lontano Marotta, guardi avanti con realismo, buon senso, ed anche con un pizzico di fantasia.