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Juventus, uno scudetto senza gioia, serviva Alberto Sordi non Orsato

 Molti tifosi di qualsiasi fede sportiva possono tranquillamente confermare che la sbornia non è ancora passata. Quella musichetta che eleva un interrogativo irridente al rango di un argomento del prossimo Cda Juventino frulla ancora nelle teste di molti appassionati. Quelli interisti già scaldano le ugole pregustando la (piccola ) soddisfazione di cantarla a palla nelle orecchie dei diretti interessati tra 8 giorni. Co..come mai, co…come mai…domenica prossima sarà la vera hit di San Siro, al pari di Pazza Inter amala.

Molto probabilmente quando scenderà in campo a San Siro, la Juventus sarà già campione d’Italia con largo anticipo. Quel punticino che la separa dal 134mo scudetto consecutivo se lo dovrà guadagnare contro la Fiorentina, in un pomeriggio che la sconfitta con l’Ajax fa somigliare ad una fastidiosa routine, checchè ne dicano tanti. Per capirlo basta leggere uno dei massimi teorici del mondo bianconero, Massimo Zampini, costretto a twittare sulla necessità di festeggiare comunque, perché dovrà essere una bellissima giornata. Un’esultanza indotta, pompata, una gioia su ordinazione ben che vada. Pur consapevoli che l’Inter non tocca palla da 9 anni, possiamo dirlo? Che tristezza una gioia così!
I pullman in viaggio verso Torino ribolliranno di recriminazioni smoccolanti, che prenderanno il posto dei cori per festeggiare una supremazia che ormai, anche per i tifosi bianconeri, suona quasi di presa in giro. Riempiranno lo Stadium con il loro entusiasmo faticoso, vero come una banconota da tre euro, consapevoli di gonfiare il petto per quella che ormai è una semplice formalità. Ma sempre avendo negli occhi e nel cuore la coppiola di Van De Beck e De Ligt, sberle assassine di prosopopee e di sogni.

Uno scudetto tra le lacrime è la normalità se sono di gioia, quando odorano di frustrazione diventa materia per un trattato di psicologia. Un libro che potrebbe portare le firme di autori diversi, tutti corresponsabili della situazione. L’arbitro Orsato per esempio, la cui performance nel derby d’Italia di un anno fa mise sul piatto d’argento un successo troppo facile, che inorgoglì a sproposito i vincitori, costringendoli ad evitare di lottare per vincere. Cosa fondamentale in Europa, come si è ben visto, ma attitudine alla quale la Juventus è disabituata proprio in virtù di episodi come questo.

Altri capitoli del libro potrebbero scriverli in maniera ampia e convincente tutti quei giornalisti, opinionisti, veline con le cosce al vento ma con sapienze calcistiche ben riparate, quasi nascoste, che da mesi apparecchiano la tavola al padrone di casa al grido di “quanto è bello lui, quanto è bravo lui…” . Tanto hanno detto, tanto hanno scritto che alla fine ci hanno creduto davvero di essere i più belli e più bravi. Tutti, da Agnelli e Allegri in giù, rimirandosi nell’unico specchio rotto e bugiardo del reame, anziché affilare i muscoli e la testa per realizzare quanto bramato da decenni.

L’unica lezione che sarebbe stata davvero utile ai bianconeri nelle scorse settimane poteva invece impartirla Libero Fornaciari, il mitico presidente del Borgorosso Football Club di Albertone Sordi con il suo grido di battaglia “chi si estranea dalla lotta… vedi un po’ com’ è ridotta” , giusto perché le mamme non si toccano, a nessuno.