Mercato Inter: nessun obbligo di plusvalenze, perché insistere?

La Gazzetta di oggi torna ad analizzare le prospettive di mercato dell’Inter in ottica FFP. La tesi di fondo del quotidiano milanese è questa “La tagliola dei vincoli del fair play Uefa accompagnerà ancora il mercato dei nerazzurri, che dovranno incassare una cifra tra i 30 e i 40 milioni di plusvalenze con le cessioni entro il 30 giugno”.

Ci permettiamo di non concordare. Il Settlement agreement firmato 4 anni fa da Thohir va in scadenza proprio in questo periodo. L’accordo con l’Uefa prevedeva il  pareggio  di bilancio negli esercizi 2016-17 e 2017-18 dopo che il 2015-16 aveva segnato un passivo di 30 milioni.

L’esercizio 2018-19, che andrà a chiudersi il prossimo 30 giugno, sarà soggetto alle norme generali del FFP come per tutte le altre società. E dunque, secondo la regola del break even, un passivo di 30 milioni nel triennio 2019-21.

In questa ottica l’Inter non “dovrà” incassare nessuna cifra a titolo di plusvalenze.  Il termine giusto è “potrà” e la differenza non è da poco.

A parte il fatto che ancora alcuni dati di bilancio non sono neanche prevedibili (ad es. gli importi totali delle sponsorizzazioni), la valutazione se fare o non fare plusvalenze sarà una opzione della società, legata solo a valutazioni di opportunità. Se Steven Zhang e Alessandro Antonello decideranno di fare i 20/30 milioni di plusvalenze in questa stagione sarebbe una scelta di programmazione anche logica, per lasciarsi margini più ampi nei prossimi due anni.  Ma nessuno vieta loro ed alla società di prendere decisioni diverse, laddove fosse individuata la necessità di procedere ad uno sforzo economico maggiore quest’anno da compensare poi nei prossimi esercizi.

Le cose stanno così. Ma la Gazzetta insiste da tempo con la tesi delle plusvalenze obbligatorie e dunque con la necessità di dover cedere a destra e a manca. Giunti a questo punto non è più neanche  il caso di chiedersi cui prodest.