Suning: le responsabilità  verso l’Inter e verso il calcio italiano

Quando chi decide le sorti del calcio italiano se ne renderà conto sarà comunque troppo tardi. Vedere le semifinali delle coppe europee ha fatto venire il magone alla stragrande maggioranza degli appassionati, tanta è la differenza tra quel calcio e quello italiano.  E magari tra questi anche molti juventini, quelli più razionali e disillusi,  perché anche loro non possono non aver visto e non aver capito che  gli 8 anni di dominio bianconero sono una delle prime cause del gap. La mancanza di competizione stanca, l'assenza di competitività e dunque di passione uccide.  Dopo l’ottavo scudetto consecutivo, qualcuno ha osservato a ragione che anche nel wrestling ogni tanto si cerca il parvenu che scaraventi fuori dal ring il campione, per mantenere alto l’interesse intorno ad uno spettacolo che somiglia più ad una recita che ad uno sport. La Premier invade le finali delle coppe con un campionato che, almeno sulla carta, è aperto fino all’ultimo minuto dell’ultima giornata, e grazie ad una squadra eliminata dalla Champions.  In Italia tutto era finito già prima di iniziare. Ovviamente la Juventus corre per sé e fa bene ad incamerare successi dopo successi, ma i fuochi d’artificio per l’acquisto di Cristiano Ronaldo hanno prodotto una Coppa Italia in meno, qualche perdita in bilancio in più e sbadigli a non finire. Tra coloro che dovrebbero riflettere su questa sintesi i primi sono gli addetti ai lavori, coloro che con i loro peana al potente stanno accompagnando verso il baratro il calcio italiano e le loro testate, vista la drammatica riduzione delle copie vendute.  Come le donne che nei funerali  di una volta erano chiamate ad accompagnare la salma cantando per  nascondere l’afflizione, così questi signori, giocando sulla pelle dei tifosi,  continuano a dare una rappresentazione del calcio italiano che serve ad una parte ma compromette la credibilità generale del sistema.

Nelle stanze dei bottoni, dove si dovrebbero cercare le soluzioni per rovesciare da cima a fondo questo status, ci si diletta con il nuovo logo, simbolo  del massimo della modernizzazione perseguibile. E intanto si continua a usare il vinavil per restare attaccati alle poltrone ed a cantare la canzoncina resa famosa da Enzo Jannacci, “ e noi allegri bisogna stare chè il nostro piangere fa male al re…”.

E poi ci sono le responsabilità, ben più rilevanti di quelle dei giornalisti, di chi non ha saputo opporsi sul campo a questo dominio. Le milanesi prima di tutto, vista la storia del nostro calcio. Il Milan del dopo Berlusconi e l’Inter post triplete si sono scavate la fossa con le loro mani e lì sguazzano ancora.

Passaggi di proprietà a raffica, cinesi improbabili, management  attenti più alla propria visibilità che non agli interessi dei club, scontri ripetuti e sanguinosi con l’Uefa hanno disegnato il palcoscenico su cui Inter e Milan hanno giocato in questi anni.

Mentre i rossoneri  sembrano ancora in mezzo al guado, l’Inter pare aver trovato una stabilità societaria che, fuori dal settlement agreement, potrebbe avviarla a riveder le stelle, come fin troppo pomposamente recitava lo slogan della campagna abbonamenti dello scorso anno.  Ma ad una sola condizione, che ancora non è chiaro se Suning abbia deciso di assecondare. Per spiegare, occorre  rifarsi ancora alla Premier , che fattura il doppio degli altri campionati al top perché negli ultimi decenni ha sviluppato una mentalità imprenditoriale a tutti i livelli, stadi, merchandising, diritti Tv, mercato, ricavi extra sportivi. In Inghilterra hanno costruito un percorso in cui si investe per far spendere, sapendo di ricavare molto per poter poi  investire di nuovo. Un circolo virtuoso che ha prodotto risultati sportivi ed economici che oggi sono sotto gli occhi di tutti. Suning ha intenzione di seguire questa strada ? Se la risposta fosse positiva non sarebbe solo l’Inter a trovarne grande beneficio, sarebbe il calcio italiano tutto a dover ringraziare la famiglia Zhang, correndo a comprare lavatrici e microonde sui loro siti. Perché anche da  quegli elettromestici  passa il risorgimento del pallone italiano. Se al contrario si continuerà  a perseguire la politica del “braccino corto” nessuno si lamenti se la Juventus  arriverà al 273mo scudetto senza mai vincere una Champions e se il calcio vero dovremo vederlo ancora nelle televisioni e nei campionati degli altri.