In un editoriale sul Corriere dello Sport, Italo Cucci ha parlato di Pep Guardiola, ancora accostato alla Juve nonostante le smentite arrivate sia dal tecnico che dai due club.
Queste le sue parole: “Menare il Guardiola per l’aia non è un gioco. E neppure “ quelli che il calciomercato… si divertono a spararne una al giorno”. Da tempo, da quando sono intervenute smentite ufficiali su presunti trasferimenti del mitico Pep dal Manchester City a prestigiosi club, la Juventus in particolare, l’oscillazione del titolo bianconero in borsa configura comunque una grave scorrettezza, rivela l’esistenza di giochi proibiti e rilancia l’interrogativo caro a Seneca (e a Indro Montanelli): cui prodest, a chi giova? I movimenti borsistici spostano denaro e sottraggono attendibilità al mondo del calcio che già fatica a mostrarsi credibile da quando il Business ha spodestato il Gioco, la tradizione con tutte le sue povere cianfrusaglie che si chiamano Bandiere, Passione, Giustizia.
Non avevo dubbi che saremmo arrivati a sperimentare moduli truffaldini da quando, alla fine dei Novanta, grazie all’entusiasmo dei governanti e al grande sonno di Luigi Spaventa, presidente della CONSOB, il calcio ottenne la quotazione in borsa: pioniere Sergio Cragnotti (l’unico…intenditore a quel tempo) che il 5 maggio 1998 ottenne il collocamento della Lazio, con successo, proprio perché era opera sua, apprezzato imprenditore.
Il gioco fruttò 60 milioni di euro, metà per la Lazio, metà per la controllante Cirio. Fu poi la volta della Roma, 23 maggio 2000: un mezzo flop, Sensi deluso. E arrivò infine la Juve, il 19 dicembre 2001, e il frutto del collocamento fu diviso fra il club e l’Ifi. In quei giorni i propugnatori del business organizzarono un convegno a Roma, alla Sapienza.
Quando mi fu data la parola segnalai serenamente quante operazioni truffaldine si sarebbero registrate proprio per la specifica natura del calcio ( partite giocate a borsa aperta, operazioni di calciomercato, voci false e tendenziose). I furbetti del campetto non risero, per rispetto – dissero – del sottoscritto; in realtà non risero perché sapevano che dicevo il vero; e gli stava bene. Chissà quante ne abbiamo perdute, di speculazioni. Oggi, grazie a Guardiola, qualcuno dovrà pagare. E se non ci pensano Federcalcio e Coni, ci pensi la Guardia di Finanza”.