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Giaccherini esalta Conte e rivela: “Tifo Inter”, spuntano diversi retroscena

Emanuele Giaccherini ha parlato ai microfoni del Corriere dello Sport dell’arrivo di Antonio Conte sulla panchina dell’Inter.

Emanuele Giaccherini è stato intervistato dai colleghi del Corriere dello Sport per commentare l'arrivo di Antonio Conte sulla panchina dell'Inter. L'esterno del Chievo ha parlato così del suo ex tecnico, che lo ha fatto esplodere alla Juventus e anche con la maglia della Nazionale.

«Cosa ho pensato quando ho letto di Conte all’Inter? Che l’Inter aveva trovato la persona giusta per tornare ai grandi livelli del passato. Non che Spalletti non fosse bravo visto che in questi due anni ha ottenuto i risultati che gli erano stati chiesti dalla dirigenza, ma Conte è un vincente, uno che ha alzato trofei sia in Italia sia all’estero. Lui può portare una mentalità vincente a quei giocatori che ancora non l’hanno acquisita».

Come è stato il suo primo impatto con Conte? «Mi ricordo che fu… al telefono. L’estate prima di conquistare la promozione dalla Serie B alla A con il Siena mi voleva con lui in Toscana, ma io avevo appena festeggiato la A con il Cesena e volevo giocarmi le mie chance in un campionato per me nuovo. Mi ha richiamato 12 mesi più tardi, dopo che era passato alla Juventus, e lì non ce l’ho fatta a dire di no (ride, ndr)».

E così, dopo tanta gavetta, lei è arrivato alla Juventus. All’inizio com’è andata? «Molto bene grazie a Conte. Mi ha detto di stare tranquillo e mi ha aiutato. Mi ricordo che il giorno successivo il mio esordio, in Juve-Parma 4-0 alla prima giornata, mi mandò un messaggio per rincuorarmi perché non avevo fatto una grande prova. Mi scrisse di stare tranquillo perché la prima volta in quello stadio poteva succedere di non rendere al massimo e mi stimolò a dare sempre di più. Quelle parole le ricordo ancora perché furono bellissime e avevo bisogno di sentirmele dire. Penso che allo stesso modo si sarà comportato con tanti altri suoi calciatori: lui crea un rapporto eccezionale con i suoi uomini, li fa crescere e permette loro di rendere più di quel che possono».

Come sono gli allenamenti con Conte? «Terribili… Li ho provati sulla mia pelle sia alla Juve sia in Nazionale, soprattutto durante la preparazione dell’Europeo, e vi posso assicurare che a fine pomeriggio avevo solo voglia di tornare a casa e di mettermi sul divano a vedere la tv. Conte è uno che ti spreme perché basa sul lavoro in campo i suoi successi. Le sue parole d’ordine sono cultura del lavoro, sacrificio, voglia di lottare e fame»

Qual è il menù durante la preparazione precampionato? «Tanto lavoro “a secco”. Il mister poi è maniacale dal punto di vista tattico e cura anche le virgole. Ma se pensate che durante le esercitazioni tattiche non ci sia intensità, vi sbagliate».

Per Handanovic e compagni, dunque, sarà un’estate lunga e… complicata? (Ride) «Diciamo di sì».

Ci ha detto dei muscoli. Conte invece come allena la testa dei suoi? «Mettendoli in condizione di sapere tutto quello che devono fare quando scendono in campo. Con lui l’ansia da prestazione non esiste perché, anche se non stai bene fisicamente, sai sempre dove ti arriverà la palla, come devi giocarla e i movimenti che da fare».

E poi c’è la nuova mentalità che porterà ad Appiano Gentile. «Potete starne certi… Sostiene giustamente che chi arriva secondo non viene ricordato perché nella storia entrano solo coloro che vincono. Anche Allegri la pensa così e hanno ragione».

Dicono che a Conte piacciano i giocatori dal grande cuore che danno tutto per la squadra. Per questo lei era un suo pupillo. «Sono un calciatore che ha sempre messo l’anima in campo e non vi nascondo che quelli come me li ritiene importanti per il gruppo. Vuole che tutti gettino il cuore oltre l’ostacolo come successo per esempio a Euro 2016 quando con una squadra inferiore rispetto alle big, siamo andati fuori solo ai rigori contro la Germania dopo aver eliminato la Spagna».

Il primo scudetto vinto con la Juventus è stato il capolavoro della carriera del nuovo tecnico nerazzurro? «Sì. Al Chelsea ha vinto la Premier, ma aveva una squadra con tanti campioni, mentre alla Juve ha preso una formazione reduce da due settimi posti di fila e le ha permesso di sorpassare un Milan nel quale c’erano Ibrahimovic e Thiago Silva. Il suo lavoro ci ha consentito di conquistare lo scudetto quando nessuno ci considerava in corsa per il titolo».

Perché quando nell’estate 2013 lei è stato ceduto in Premier, al Sunderland, Conte si è arrabbiato? «Perché ero un giocatore del quale non si sarebbe mai privato e il fatto che lo abbia detto in conferenza stampa, per me è stato un grande complimento. Ero reduce dalla Confederations Cup dove avevo fatto bene e in generale da due anni alla Juve nei quali avevo acquisito maturità e consapevolezza nei miei mezzi. In più ero un suo pupillo perché mi aveva portato a Torino contro tutto e tutti dal Cesena. Anche se la stampa mi bersagliava, mi ha sempre difeso facendomi sentire la sua fiducia. La sua stima è stata un motivo d’orgoglio».

Le piaceva quando la chiamava Giaccherinho? «Tantissimo. Lo fece per la prima volta dopo la sfida contro il Bologna, un match in cui avevo segnato un gol bellissimo e lui si tolse qualche sassolino dalle scarpe perché era stato criticato per il mio acquisto».

In quanti ruoli l’ha utilizzata? «Mi ha fatto diventare un jolly… Ho fatto la mezzala e l’esterno nel 3-5-2, ma anche l’attaccante laterale nel 4-2-4. Mi riteneva duttile e mi cambiava spesso posizione. A me come ad altri. Tatticamente è un fuoriclasse e modella la sua squadra per trovare la soluzione migliore. L’anno del primo scudetto partimmo con il 3-5-2, ma quando capì che Vidal e Bonucci non potevano star fuori, passò al 3-5-2».

Conte fa parte più del partito del “vincere” che di quello del “bel gioco”. Concorda? «Solo in parte. Lui sa vincere facendo esprimere un bel gioco alla sua squadra. Alla Juve ci è riuscito. Con l’Italia non ha vinto, ma giocavamo discretamente».

Le sue esultanze a bordo campo dopo i gol piacevano alla squadra? «Tanto e ci davano ancora di più la carica. E’ bello quando il tuo allenatore ha questo spirito e partecipa così alla gara».

Quando si arrabbia nello spogliatoio invece… fa paura? «Diciamo che quando bisogna usare il bastone, lo usa. Non è un allenatore semplice perché pretende sempre il massimo e questo delle volte ti porta a esaurire le energie».

Con Conte in panchina, l’Inter dove può arrivare? «La Juve rimane la favorita per la vittoria dello scudetto perché come rosa è più strutturata, conquista il titolo da 8 anni di fila e obiettivamente ha un grande vantaggio. Non è detto che l’Inter riesca a colmare subito il gap e ad arrivare prima, ma sarà una delle favorite».

Cosa gli augura? «Il meglio. Anzi, scriva di vincere. State facendo una domanda a un tifoso nerazzurro ed è questo il mio desiderio. Sia per la passione interista che avevo da bambino e che non ho nascosto neppure quando ero alla Juve sia per la stima che nutro per Conte».

Se le chiediamo il ricordo più bello che la lega a Conte, quale si sente di indicare? «L’abbraccio nello spogliatoio di Trieste dopo aver conquistato lo scudetto 2011-12. Ci stringemmo forte e, dopo i trionfi che avevamo ottenuto nelle serie minori, capimmo che eravamo diventati dei vincenti anche in A».

Se dovesse scegliere una sola parola per descrivere Antonio, quale userebbe? «Leader. Lo era da calciatore e lo è da allenatore».

Gli juventini però non sono felici del passaggio di Conte all’Inter e magari non saranno teneri con lui. «Il mister ha sempre detto che si sarebbe comportato da professionista dopo il suo addio a Torino. Lo stesso farà Sarri se andrà alla Juve. In questo caso come la dovrebbero prendere i napoletani? Nel calcio certe cose succedono».