Un proverbio cinese dice che non si può impedire ad un uomo di preoccuparsi per il volo di uno stormo di uccelli sulla propria testa. Quello che si può, e ragionevolmente si deve evitare, è che costruiscano un nido. La preoccupazione è una specie di tasso di interesse che paghiamo sulle problematiche, prima che le stesse si presentino.
L’ allarmismo intorno all’Inter appare eccessivo, e non siamo neanche vicini alla prima di campionato. Tensioni create forse ad arte da chi vorrebbe vedere Antonio Conte fallire miseramente in nerazzurro. E così via a slogan del tipo “Conte come Lippi”, realizzati magari da chi non ha a cuore le sorti dell’Inter. O peggio, partoriti da chi non si limita ad inutili e sterili chiacchiere da bar, ma si arroga il diritto di pontificare pur essendo privo di equilibrio nei giudizi.
Conte è appena arrivato a Milano. Neanche il tempo di abituarsi al clima meneghino che è subito ripartito per una tournée asiatica. Accantonato in soffitta il 4-2-3-1 di spallettiana memoria, Conte ha cominciato un lavoro arduo sul 3-5-2. Modulo tutt’altro che semplice da metabolizzare, ma per i soliti raffinati intenditori l’amichevole perduta contro il Manchester United ha subito assunto le sembianze di un fallimento.
Come se non bastasse, ecco gettare altra benzina sul fuoco. Le dichiarazioni di Conte su Perisic non sono piaciute a qualcuno che le ha prontamente adoperate per montare un caso. Che non esiste, meglio mettere in chiaro le cose. Se Perisic non è adatto al 3-5-2,- ruolo non suo-, meglio dirlo subito, senza perdere tempo. Chi ha tempo, non lo perda, questo uno dei motti di Conte, allenatore abituato a dire le cose come stanno.
E chi pensa che il tecnico nerazzurro sia scontento o addirittura soffra di una forma di saudade per il bianconero di Torino, per il Bicerìn, o per le passeggiate in via Montebello all’ombra della Mole Antonelliana, è destinato ad ingoiare litri di delusione.
Conte è un uomo schietto, e nel calcio serve schiettezza. Meglio essere chiari sin dal principio onde evitare problemi molto più complessi durante le competizioni agonistiche.
Il mister ha dichiarato che si attendeva di essere più avanti nel calciomercato. Un’affermazione priva di veleni, una constatazione che rispecchia la realtà dei fatti. Non c’è nulla di polemico nelle sue constatazioni. Probabilmente se lo attendevano anche Marotta e Ausilio, ma l’Inter sta trattando campioni e per quelli servono tempo e denaro.
Lukaku non è Andrea Margheritoni, e Dzeko non è Speroni. Lo scriviamo con tutto il rispetto per i celebri attaccanti di Marchigiana e Longobarda. Si tratta di calciatori,-e lo hanno dimostrato nella loro carriera-, decisivi e determinanti. L’Inter deve mantenere equilibri economici dai quali non può e non deve uscire.
Non ci sono motivi per dubitare dell’arrivo in nerazzurro di Lukaku e Dzeko. Almeno per il momento, e fino a prova contraria, non occorre prendere in considerazione ipotesi che quotidianamente saltano fuori come stellioni al sole d’Oriente.
Nel frattempo inutile partorire drammi. Le amichevoli, comprese quella prossima contro la Juventus, vanno considerate come tali. Calcio d’estate buono solo per mettere fieno in cascina e limare le cose che non vanno. E se qualcuno dovesse continuare ad esasperare difetti di un’Inter ancora in fase di costruzione, rimembri bene un antico proverbio romano. Il gobbo vede la gobba degli altri, ma non la sua. Meglio studiare i propri difetti.
Chiaro, no?