Solo coincidenze senza alcun dubbio. Nel giro di 24 ore la società, qualcuno della società, decide che Pazza Inter Amala non deve più risuonare nel catino di San Siro. Poche ore dopo qualcuno pubblica su twitter il filmato di alcuni tifosi che davanti al Meazza bruciano la maglia di Icardi.
Simboli eliminati, per scelta dettata da ragioni di marketing, di immagine del brand, come dicono quelli che se ne intendono, oppure per una overdose di follia che ha colpito la fascia meno razionale dei tifosi che vivono la vicenda di Icardi, pro o contro che siano, come una guerra santa nella quale conta solo vincere senza fare prigionieri.
Si eliminano i simboli, per affermare il sopravvento della rigorosa disciplina aziendale imposta dopo anni di pazzia gioiosa, cantata in faccia al mondo tutte le domeniche qualunque fosse il piazzamento, oppure per eliminare con il fuoco purificatore l'immagine di un supposto tradimento. Senza però che gli artefici si rendessero conto che la fiamma riparatrice avrebbe arso prima i colori nerazzurri del numero 9, trasformando quel gesto becero ed infantile in un'offesa a sè stessi e ai valori che loro stessi intendono santificare.
Si apre un nuovo ciclo, dunque si impone la rottura con ogni legame del il passato anche attraverso manifestazioni di nessuna valenza economica o societaria ma dal grande impatto emotivo. Se il senso della giubilazione di Pazza Inter amala è questo lasciateci dire che ci aspettiamo che la modernizzazione della società passi da cose ben più concrete, anche perchè l'Inter e gli interisti non hanno proprio alcunchè di cui vergognarsi del loro passato,a differenza di altri.
La maglia di Icardi bruciata sulla pubblica piazza somiglia invece a tanti altri episodi simili cui i media hanno regalato triste fama. Quando l'intolleranza per l'altro raggiunge vette simili si esce non solo dalla logica dallo sport ma anche da quella del tifo, per entrare nei meandri della psicologia, dei fenomeni patologici dei comportamenti del “gruppo” che si costituisce e si rinsalda nutrendosi di odio fine a sè stesso che per queste persone diventa l'unico elemento di visibilità in una comunità che altrimenti non si accorgerebbe della loro esistenza.
Distruggere i simboli è un'attività che ha caratterizzato, negli ultimi decenni, i momenti più bassi della storia di molti popoli. Fatte le debite proporzioni, per riportare l'Inter laddove la sua stessa storia le impone di essere, c'è bisogno di lucidità, competenze, coraggio, lungimiranza, innovazione, investimenti, passione, condivisione degli obbiettivi. Di tutto c'è bisogno, ma non del fervore innovatore e purificatore di novelli talebani.