Conte minaccia di lasciare, la sua furia deve far riflettere molti
Non è stata una conferenza stampa come le altre quella di Antonio Conte prima di Inter Juventus. Gli aspetti della partita passano quasi in secondo piano
La conferenza stampa di Antonio Conte di oggi ha rispettato le attese solo in parte. La vigilia di Inter Juventus, i ricordi di un suo passato non lontano, gli accorgimenti tattici, le condizioni dei giocatori, il clima di attesa del big match sono passate in secondo piano quando al mister leccese è stato chiesto cosa pensava della petizione per togliere la sua stella dallo Stadium avviata da un gruppo di tifosi bianconeri e subito stoppata dalla Juventus.
Su questa domanda Conte è esploso come è solito fare in campo, mettendo in un angolo il suo ex presidente reo a suo avviso di aver offerto visibilità ad una iniziativa becera e stupida e ancor di più i giornali che da giorni ci ricamano sopra, aprendo la strada – a suo giudizio – all’odio e alla violenza.
“Abbiamo la fortuna di fare uno sport amatissimo nel mondo: dobbiamo trasmettere valori positivi. È uno sport, non una guerra e a volte lo dimentichiamo. Non devi esserci violenza altrimenti sono il primo ad andarmene. Siamo in una società dove c'è odio e violenza: c'è da aver paura delle nuove generazioni. In Inghilterra non c'è tutto questo. Da quando sono tornato mi chiedo “chi me l'ha fatto fare?”. Finché c'è la passione vado avanti, ma può anche svanirmi e allora saluto tutti”.
Non è consuetudine dei protagonisti del dorato mondo del calcio esprimersi in termini così duri e diretti verso quel potere mediatico che per anni ha influenzato scelte, costruito fortune e personaggi, ma che da tempo ha scelto di privilegiare aspetti privi di rilevanza sportiva per dare spazio a gossip e argomenti di facile polemica fine a sé stessa. Quando Conte parla delle diversità rispetto all’Inghilterra mette a nudo una delle tematiche per le quali il “sistema” calcio italiano sconta un gap ancora ampio rispetto all’Europa. Non è solo un problema di bilanci, è soprattutto un problema culturale, la cui prima e più impietosa conseguenza è rappresentata dal calo delle vendite dei quotidiani sportivi rispetto agli anni precedenti. Quanto tempo sarà necessario prima che inizi la svolta?