Rigori negati all’Inter, manca la trasparenza. Una proposta provocatoria

Troppi gli  episodi delle ultime settimane per non tornare a parlare di Var e di arbitri. Il colmo è stato toccato la settimana scorsa quando il Presidente degli arbitri Marcello Nicchi  ha sentito il bisogno (il perchè non è dato saperlo) di intervenire pubblicamente per sostenere che il fallo di mano di De Ligt nel corso di Juve- Bologna non era da rigore invitando chi fosse convinto del contrario a non andare più  allo stadio. Peccato che proprio il suo braccio destro Rizzoli, spiegando le nuove regole ed utilizzando per la spiegazione un fallo di mano di Skriniar in  Inter Lazio della scorsa stagione assolutamente analogo a quello del giovane olandese, sosteneva che quel tipo di infrazione non ammetteva discussioni, è sempre e solo rigore, senza possibilità di discussione o di interpretazione.

Venendo a tempi più recenti, ieri sera a San Siro, nel mezzo di una partita difficile e mal giocata soprattutto nel primo tempo, l’Inter ha reclamato due rigori per falli su Lautaro Martinez e su Biraghi davvero difficili da non vedere ma evidentemente l’arbitro Chiffi non si è accorto di niente.

Passo indietro: da quest’anno le norme internazionali sul Var hanno introdotto il concetto di “chiaro ed evidente errore”.  In poche parole la review interviene solo in caso di “svista” arbitrale e non quando l’episodio è lasciato alla discrezione del direttore di gara.

Domanda: non era chiaro il fallo a sandwich di Hernani e Iacoponi su Lautaro? Non è stato chiaro ed evidente l’errore dell’arbitro? Dunque perché dalla sala Var non si è detto al sig.Chiffi di andare a rivedere l’episodio?

La regola è già di per sé poco chiara, applicarla con questi margini di discrezionalità crea solo incertezze negli addetti ai lavori e sospetti nella gente che, nonostante tutto, continua a frequentare gli stadi anche se il sig.Nicchi ha idee diverse.

In poche parole, manca la trasparenza, ovvero quel canone di oggettiva certezza che la regola sia applicata sempre  nella stessa maniera.

D’altronde  “trasparenza” è un vocabolo che in molti settori della vita pubblica italiana crea disagio. C’è un decreto legislativo, il nr.33 del 2013,  che impone alle amministrazioni di pubblicare sui propri siti tutte le notizie utili al cittadino utente per capire chi fa cosa in quel settore, con quali costi, con quali procedure, con quali risultati, chi sono e quanto guadagnano dirigenti e personale ecc.

Sarà certo un caso, o più probabilmente la FIGC non è tra gli enti obbligati alla pubblicazione di queste informazioni, ma se si va a cliccare sul link “trasparenza” della Federazione compare il messaggio “siamo spiacenti pagina non trovata”.

Il calcio non muore solo di pirateria televisiva che sottrae soldi al movimento ma non dispensa cartellini rossi e rigori, il calcio muore anche e soprattutto per la mancanza di trasparenza.

C’è un signore in Italia che ha passato i suoi ultimi anni a combattere proprio la mancanza di trasparenza in un settore ben più delicato ed importante, quello degli appalti.

Raffaele Cantone ha appena concluso il suo mandato all’Anac e tornerà a fare il magistrato. Che segnale formidabile per il calcio italiano se il Presidente Gravina e Nicchi chiedessero al  magistrato napoletano di mettere la sua straordinaria esperienza e la sua indiscutibile probità al servizio del mondo del pallone, per garantirne la trasparenza, appunto, che vive prima di ogni altra cosa di rispetto: rispetto delle regole, rispetto delle sentenze, rispetto per i tifosi. Già, sarebbe proprio bello, ma se avessimo 5 euro da scommettere alla Snai li giocheremmo su una  telefonata che non arriverà mai…