FIGC, AIA : come sul Titanic, si balla mentre il calcio affonda
Le polemiche sugli arbitraggi nelle ultime giornate di campionato si sono moltiplicate ma c’è chi si sdegna per le critiche
L’AIA (Associazione Italiana Arbitri), al centro delle polemiche dopo i pessimi arbitraggi delle ultime settimane, non trova di meglio che bloccare sui social chi osa anche solo proporre critiche educate all’operato dei fischietti italiani. Lo riporta oggi il Corriere dello Sport, parlando di “giornata drammatica” per il settore arbitrale in riferimento alle proteste di ieri della Dacia Arena, del San Paolo e di quanto avvenuto a Torino.
Di fronte ad una notizia del genere la reazione giusta è lo sdegno o un sorriso? Scelta ardua, in un paese dove ormai l’egoismo imperante nella civitas relega l’indignazione allo status di privilegio per poche anime davvero interessate a quel che succede fuori dalle proprie mura domestiche. Che il calcio assurga quasi a unico momento in cui la riprovazione civile fa sentire alta la sua voce parla in maniera chiara della dimensione morale di questa povera Italia.
Meglio sorridere dunque, di fronte ad una casta che rifugge da qualsiasi contraddittorio, anzi, sdegnandosi essa per le critiche naturali cui ogni soggetto pubblico è soggetto. Un sorriso di compatimento, per chi non si rende conto del vulnus che questi atteggiamenti provocano al calcio italiano, rendendolo sempre meno trasparente, dunque sempre meno credibile, in definitiva sempre meno appetibile per il pubblico.
Nella logica di causa/effetto, i “pezzotti” che permettono di taroccare le pay TV, contro cui la FIGC sta combattendo una impegnativa battaglia pubblicitaria, sono in larga misura anche frutto del decadimento del patrimonio di autorevolezza che gli organi decisionali del sistema si autoinfliggono con questi atteggiamenti.
Non capirlo è pura miopia, che, tempus fugit, (ma ormai la misura è colma e la reazione vicina) diventerà la pistola fumante di cui le analisi degli studiosi si dovranno occupare fra non molto. E tutto questo per cosa? Cui prodest questo scenario? Noi una riposta l’avremmo, e gira più intorno alle logiche del potere che non a quelle sportive. Aspettiamo con ansia che Gravina e Nicchi intervengano a convincerci del contrario.