Inter, Godin, i leader veri si riconoscono dalle piccole cose
Diego Godin non ha avuto un inizio di stagione semplice all’Inter. Ma ci sono piccole cose che spiegano come giocatori come lui siano importanti
Ci sono i buoni giocatori, i fuoriclasse e poi ci sono i leader, coloro che, per qualità tecniche possono stare indifferentemente nel primo o nel secondo gruppo ma che si distinguono per avere e saper trasmettere agli altri una serie di qualità che non tutti posseggono in maniera innata come loro.
Leaderschip significa carisma, significa dare l’esempio ai compagni pretendendo il massimo prima di tutto da sè stesso, significa senso di appartenenza, capacità di fare gruppo in ogni situazione. Quando l’Inter lo scordo anno si è assicurata Diego Godin a parametro zero era facilmente immaginabile che la scelta fosse stata fatta per puntare sull’esperienza e sulla capacità di guidare il gruppo del capitano dell’Uruguay.
Questi primi mesi in maglia nerazzurra non sono stati semplici per il “Faraone”. Nei suoi anni all’Atletico ed anche nella nazionale del suo paese ha quasi sempre giocato in una difesa a quattro. La linea a tre di Conte lo ha messo di fronte a movimenti nuovi, spazi di campo da coprire più ampi, una “rivoluzione” tattica non semplice da digerire, neanche per uno con la sua formidabile esperienza.
I giornalisti non stati teneri,, giudizi pesanti su qualche incertezza, critiche anche velenose. Ieri sera a Torino Godin ha fatto la partita che tutti si attendevano: nessuna sbavatura, presenza solida e rassicurante per i compagni e per Conte. Ma al di là del rendimento contro i granata, la sua importanza per l’Inter la si è vista oggi, quando sul suo profilo twitter ha postato poche parole ma che dicono molto del suo modo di vivere la squadra: “3 punti molto importanti in una partita dove abbiamo dimostrato una grande personalità! Felici per i primi minuti di Borja Valero e Fede Di Marco!!”
Proprio il riferimento all’esordio stagionale dei due compagni di squadra dà la fotografia del leader, del giocatore che riesce a dare il senso dell’importanza agli spezzoni di partita giocati da un suo “coetaneo” rimasto fino ad oggi fuori per scelta tecnica, e da un giovane in attesa di consacrazione. Per di più in una serata felice per i tre punti conquistati ma macchiata dall’infortunio di Barella, che costringerà mister Conte a fare i salti mortali per dare al centrocampo un assetto di lucidità e potenza, considerata anche la contemporanea assenza di Sensi.
Piccole cose ma assolutamente significative di come si possa essere trascinatore vero anche senza stipendi da 30 milioni all’anno.