Il suo cognome è l’anagramma di Balotelli, ma tra lui e l’ormai ex Super Mario corrono circa duecento gol di differenza. Spillo Altobelli non era nato bomber, il suo destino sembrava quello di invecchiare a Sonnino nella normalità quotidiana di un paesotto di provincia.
Ma la ricchezza di questi piccoli centri sono certi personaggi che capiscono prima di altri cosa c’è da fare e come farlo. Il macellaio Merluzzi ad esempio: Spillo lavorava nel suo negozio ma spaccare bistecche e impastare salsicce non faceva per lui, così scappava regolarmente dove rotolava l’oggetto dei suoi sogni, il campetto da calcio poco distante. Il Merluzzi si disperava, o forse faceva solo finta, intuendo in cuor suo la passione ed il talento del ragazzotto.
Un altro personaggio senza il quale Spillo sarebbe rimasto a fare il macellaio fu il barbiere di Sonnino, Gaspare Ventre, il primo a darsi da fare per metter su una squadretta di calcio, la “Spes”, la Speranza per Spillo di realizzare il suo sogno.
E infine, quando era già passato nei ragazzi del Latina, un maestro elementare che passava interi pomeriggi agli allenamenti dei ragazzi. Fu lui a dargli il soprannome che poi lo avrebbe accompagnato per tutta la vita, legato ovviamente alla sua stazza fisica non propriamente simile a quella di Lukaku.
All’Inter arriva nell’estate del 1977, dopo un passaggio a Brescia durante il quale conosce un altro tizio che diventerà importante per lui, più del macellaio e del barbiere del paese, Evaristo Beccalossi. Era l’Inter che salutava le ultime vecchie glorie e si apprestava a diventare quel gruppo meraviglioso che sotto la guida di Eugenio Bersellini avrebbe conquistato lo scudetto del 1980.
Nel 1982 diventa Campione del Mondo con gli azzurri di Bearzot. Spillo non aveva giocato un gran campionato, quasi tutti lo davano per fuori dal gruppo. Il “Vecio” lasciò a casa Pruzzo, goleador in campionato da due anni per portarlo con sé. Lui ripagò quella scelta con un siparietto formidabile ed un gol rimasto negli annali azzurri. Altobelli non era nell’undici titolare nella finale contro la Germania, al centro dell’attacco c’era Graziani che si infortunò leggermente nel corso del primo tempo. Vale la pena lasciare la parola ad Antonio Cabrini che racconta così quel che successe in quei momenti: “Spillo era una faccia di bronzo bestiale, era incredibile. In quella finale Graziani uscì dal campo per ricevere cure e massaggi e mandò messaggi rassicuranti alla panchina, ma Spillo fece il gesto del cambio ed entrò al suo posto”.
Fu così che mise il sigillo a quel trionfo epico, il terzo, quello dello champagne in ghiaccio. L’urlo di Tardelli del 2 a 0 ha fatto epoca, lui festeggiò quel gol storico con lo stesso entusiasmo con cui oggi ci si accorge di aver fatto 2 al superenalotto. Non era uomo da lasciar trasparire grandi emozioni, se le teneva dentro di sé, godendole senza esteriorizzare. “Alzavo il braccio, tenevo l’indice alzato e aspettavo che i compagni mi abbracciassero, volevo condividere con loro quella gioia perché io ero solo il terminale, il finalizzatore del lavoro che faceva tutta la squadra”.
Ma Altobelli non era un debole, tutt’altro. Hansi Muller ricorda ancora la pizza in faccia che si beccò per non avergli passato un pallone, Daniel Passarella rimase basito quando gli andò con il dito in faccia, a lui, a Passarella, perché voleva battere un rigore al suo posto, cosa che poi regolarmente fece.
In 11 anni, più di 450 partite con la maglia nerazzurra con 210 gol, secondo solo a Giuseppe Meazza nei goleador nerazzurri di tutti i tempi. 3 di questi restano da incorniciare, ripescandoli da una fredda domenica del novembre 1979. A San Siro arrivava la Juventus, l’Inter stava mettendo le fondamenta per lo scudetto di qualche mese dopo. I bianconeri giocarono meglio il primo tempo, senza però bucare Bordon. La ripresa fu uno spettacolo a parte, che avrebbe meritato un supplemento sul prezzo del biglietto. Spillo scatenato la mise tre volte alle spalle di Dino Zoff e per finire servì a Muraro il cioccolatino del momentaneo 3 a 0. A quell’epoca l’”hat trick” non era ancora di moda, nessuno si portava via il pallone dopo un tripletta ma il cuoio di quel pomeriggio convinse tutti che l’Inter era tornata e che il suo centravanti era degno dei suoi predecessori più illustri.
Nel 1988, dopo gli Europei di Germania, il rapporto con Trapattoni si complica, Spillo prende una decisione che solleverà furiose polemiche: dopo una vita in nerazzurro, passa in alla Juventus, proprio come aveva fatto Boninsegna anni prima. A differenza di Bonimba, Spillo non lascia il segno in bianconero, una toccata e fuga di un anno, per poi tornare a Brescia per chiudere la sua carriera. Il senso di quel trasferimento Altobelli lo ha chiarito in una intervista rilasciata al Giornale qualche anno fa ha sentenziato: “Considero solo due società nella mia carriera: Brescia dove sono stato 4 anni e Inter dove ne ho passati 11. Con la Juve ho buoni rapporti,ma è stato solo un passaggio”
PS: Oggi è il compleanno di Altobelli, non potevo far passare questa data senza un augurio al bomber che insieme a Bonimba ha segnato la mia giovinezza, insieme a quella di tanti altri tifosi. Probabilmente ci sarebbero tante altre cose da dire su di lui, la colpa è di Lukaku e Lautaro che dopo l’apoteosi di ieri sera a Praga mi hanno tolto ore preziose. Sorry Spillo, e un milione di auguri…