Non ci saranno giorni e giorni di prime pagine, di analisi, di confronti ed è giusto che sia così. Le quattro braccia di Sebastiano Esposito e di sua mamma che si cercano, si trovano, si incrociano, non devono cadere nella meschinità di un gossip strappalacrime. E’ un’immagine troppo bella e troppo interista nella sua genesi , chi non ha niente in comune con quel ragazzino, con la sua storia, con sua mamma e con i 60 mila che l’hanno vissuta insieme a loro la tratterà alla stregua di paio di corna tra due del Grande Fratello, per tirar su qualche copia da vendere in più.
Oggi dovremmo chiedere tutti ai giornalisti un piacere: statene lontano più che potete, è’ cosa nostra, noi ne siamo orgogliosi, ne siamo addirittura gelosi. Continuate a dedicarvi ai centrimetri del salto di CR7, ai suoi bracciali tempestati di brillanti, alle sue giacche all’ultima moda, alle sue ville stramiliardarie. Continuate a raccontare le gesta eroiche del superuomo, in attesa che qualche briciola cada dalla sua tavola imbandita, questo sapete fare, questa è l’acqua dello stagno in cui galleggiate.
Quando si esce dalla logica dello star sistem, quando un fatto di per sé insignificante ricorda a tutti che anche il calcio è sintesi di vita vissuta, di umanità reale, di sentimenti profondi, si battono strade che il giornalismo nostrano (con pochissime eccezioni) o non conosce o rifugge volontariamente, ormai barricato nel suo comodo fortino di prostituzione intellettuale.
Ma c’è di più. Quell’abbraccio non nasce da un colpo di testa mirabile ma da un “colpo d’anima “mai visto prima, quasi sconosciuto nel calcio moderno, dove un gol equivale a 7 copertine, 13 articoli e mezzo milione d’ingaggio in più in fondo all’anno. Il gesto di Romelu Lukaku che lascia il rigore al ragazzino all’esordio non è roba da libro cuore, è roba da Inter, perché in casa nostra la persona viene prima del risultato. E dunque ancor più difficile da capire per chi non vuol capire. State lontani anche da questo, magari ci costa qualche punto in fondo all’anno, ma a noi va bene così.