Gian Piero Gasperini deve aver fatto qualche corso di specializzazione per far chiudere la vena ai tifosi nerazzurri, con i fatti e con le parole. I fatti sono quelli del 2011, quando per qualche mese ebbe l’onore di poggiare le chiappe sulla panchina dell’Inter, riuscendo a farla bullizzare dal Chievo e dal Novara. Ma sono anche quelli di oggi, di cui bisogna rendergli grande merito, con un’Atalanta che si qualifica agli ottavi di Champions e l’Inter a guardare, che gioca un calcio bello, ma bello davvero, con nomi di secondo piano ma piedi e neuroni di altissimo livello.
Alle sue parole invece non c’è da scappellarsi. Il veleno che quei tre mesi fallimentari gli hanno lasciato trasuda ancora da ogni sillaba, a distanza di quasi 10 anni: “nell’unica esperienza che ho avuto quel club era in grande difficoltà, perché finiva dietro il Genoa e l’Atalanta”...“, oppure, poco tempo dopo “Non mi ricordo di essere mai stato in una grande squadra. L’Inter non lo era, almeno come valori tecnici”.
Ha ragione, a quel tempo mica aveva Ilicic e Gosens in rosa, e neanche il Papu Gomez né Hateboer. Aveva schiappe come Zanetti e Cambiasso, Milito e Snejider, Motta e Chivu, Maicon e Julio Cesar. E poi Pazzini, Guarin e Coutinho, tanto per uscire dall’elenco sacro dei reduci del triplete.
Gasperini ebbe la sua occasione, se la giocò male e scomparve dai radar interisti. Il nerazzurro che gli si addice è quello di Bergamo, se lo tenga stretto. Sabato sera verrà a San Siro per farci male, Conte dovrà riuscire ad essere più velenoso di lui.