Inter tutti contro Zhang, lo sconquasso spaventa molti
Dunque Steven Zhang ha rovesciato il tavolo. Il frastuono è enorme, piatti e stoviglie volano da ieri sera, tutte contro il giovane presidente nerazzurro ovviamente. Sempre calmo, serafico, un giovane manager di meno di 30 anni ai quali fino a ieri molti addetti ai lavori rimproveravano di parlare troppo poco ed in modo troppo istituzionale. Ora saranno contenti. Mica tanto a ben guardare, la sparata di Steven sta creando fibrillazioni atomiche in tutte le redazioni, anche tifosi illustri del mondo del giornalismo hanno sparato ad altezza d’uomo, rimproverandogli modalità sbagliate e toni troppo virulenti.
Si dà per scontato che tutti abbiano capito (ma più di un dubbio resta) che la preoccupazione del Presidente è rivolta alla tutela della salute e non a quella degli interessi nerazzurri. Di fronte al dramma personale del suo popolo, della sua nazione, della gente con cui ha vissuto fino a poco tempo non c’è business che tenga.
I toni sono quelli di una persona incarognita dalla strafottenza e dalla mancanza di capacità gestionale della persona che ha la massima responsabilità del campionato italiano. Chi era abituato alla diplomazia soporifera delle dirigenze italiane è rimasto basito. Stavolta son volati i ceffoni, come già aveva fatto Commisso qualche settimana fa. Ergo occhio ai presidenti stranieri perché questi menano.
Di fronte ad una situazione drammatica, con un paese sempre più isolato, con milioni di aziende che perdono lavoro e ricchezza per l’intero paese, Dal Pino si è sbizzarrito nel gioco del pendolo. Il suo oscillare tra posizioni distanti e contrarie ha messo in crisi non gli interessi dell’Inter ma quelli della intera serie A. Se qualcuno non lo ha ancora capito è un problema suo.
Steven Zhang ha parlato chiaro perché non ci fossero fraintendimenti. Da bravo cinese lui se ne sbatte i marroni del politichese cui sono abituati protagonisti e frequentatori di TV e carta stampata. Molti addirittura si sono sentiti in dovere di confrontare il suo stile con quello di Massimo Moratti. Il Presidente del Triplete, personaggio di spicco del mondo dell’ industria italiana, ha sempre parlato un linguaggio elegante, forbito, ma quando c’era bisogno senza nascondersi dietro ad un dito. Chi ha dimenticato i passaggi fondamentali su Calciopoli e su chi è retrocesso insieme alla propria reputazione ha la memoria corta.
Certo, Moratti non usava Instagram. Lui aspettava la folla di microfoni davanti alla Saras e comunicava urbi et orbi. Oppure riceveva il giornalista di turno nel suo bell’ufficio milanese, gli offriva un caffè, un rum di grande livello e poi via all’intervista. Zhang non è Moratti, questo è chiaro, nelle forme e nella sostanza. La sua storia su Instagram ha rotto lo schema per molti sacrale per cui le cose importanti si raccontano ad un vecchio marpione del giornalismo che poi espone l’intervista come un altro trofeo di caccia.
Zhang ha meno di 30 anni, la sua comunicazione segue il trend della modernità, sbattendosene altamente le balle degli schemi, dello status quo, dei comunicatori di professione. Tutta gente che da oggi è in profonda crisi. Perché un terremoto come quello causato dalle dichiarazioni del Presidente nerazzurro può avere effetti non prevedibili sulla tenuta del sistema che rappresenta il loro stagno sicuro, quello in cui hanno sguazzato per decenni, ben sapendo che c’era chi aveva bisogno di loro per amplificare, per comunicare, talvolta per minacciare.
Lo tsunami cinese di Zhang ha lo stesso effetto del bimbo della favola di Hans Christian Andersen che svela a tutti che il re è nudo. Si, è nudo, il sistema è marcio nei valori fondamentali, solo chi non voleva vedere non vedeva. Ora scatteranno le sartine più improvvisate per cucire alla svelta una tuta, una veste con cui coprire pudicamente il sovrano. Ma la frittata è fatta, e non l’ha fatta Steven Zhang.