Ha fatto notizia il like messo ieri da Andrea Agnelli sul post di un tifoso che diceva di non voler vincere lo scudetto come il PSG, aggiungendo in fondo “noi non siamo l’Inter”. Il presidente bianconero fa il suo, strizza l’occhio all’orgoglio dei tifosi, rinsalda il sentimento di appartenenza, il senso identitario. Poi naturalmente va a cena con Steven Zhang quando c’è da parlare di Eca e Uefa perché business is business, qualcuno lo spieghi ai tifosi juventini.
C’è qualcos’altro da spiegare invece all’autore del post, il sig. Sam Linin @DirtyHarry1982. Ha ragione quando dice “noi non siamo l’Inter”, storie diverse, persone diverse, diversa anche la sensibilità dei tifosi. Ognuno si tenga la sua e stia sereno.
Sono diversi anche i tavoli delle vicende cui fa riferimento. 14 anni fa si trattava di campionati falsati dal malaffare, materia da aule di tribunali e codice penale. 33 sentenze hanno chiarito quasi tutto. Il tavolo su cui si gioca invece lo scudetto in tempi di coronavirus è quello dell’obitorio, del dolore, della paura, della lotta per restare vivi, per difendersi da un nemico infinitamente più pericoloso delle schede svizzere.
Mettere sullo stesso piano le due cose è quanto mai azzardato, tutt’al più una semplificazione buona per raccattare like a buon mercato, pur se prestigiosi.
Le due vicende hanno solo una cosa in comune, il confronto con le coscienze che impongono ai protagonisti. Quella dell’Inter nel 2006 era pulita, quella dei dirigenti bianconeri dell’epoca no. Moratti non chiese l’assegnazione di quello scudetto, quando la giustizia sportiva glielo consegnò la coscienza sua e quella dei milioni di tifosi interisti non ebbero alcun motivo per ribellarsi. Era e resta un ristoro, tardivo ed insufficiente, dei torti subiti da un sistema che tramava da anni dietro le quinte.
Qualcuno reclama oggi lo scudetto del virus? E’ un problema della sua coscienza. La Juventus rifiuterebbe questo titolo a tavolino? Anche questa è una scelta di coscienza. L’Inter questo confronto lo ha fatto a suo tempo e ne va orgogliosa, come sempre. Auguriamo a tutti gli altri di poter dire altrettanto.