Inter, Marotta double face, la “politica” della Juventus è lontana

Quando arrivò all’Inter, ormai un anno e mezzo fa, fu una rivoluzione. Beppe Marotta, il grande artefice di tanti successi  juventini, aveva messo un punto alla sua storia ed aveva saltato il fosso. Merito o colpa di dissidi interni con Agnelli, diversità di vedute sull’acquisto di Cristiano Ronaldo, storia giunta alla fine per naturale consunzione, tante furono le teorie apparse in quelle settimane per tentare di dare un perché a quel cambio di rotta così traumatico. Il suo arrivo all’Inter era puntuale come un Rolex, giusto qualche settimana prima della ufficializzazione della fine del regime di vacche magre imposto dall’Uefa per il FFP. Tempismo perfetto, da grande manager attento all’ambiente di lavoro che lo circonda e anche ai suoi interessi,  entusiasmo alle stelle tra i tifosi con il successivo arrivo di Antonio Conte al posto del vituperato Spalletti.

Fine del FFP, nuove risorse disponibili per il mercato e  arrivo di Marotta, una somma facile da fare, con un  risultato più che soddisfacente, ovvero gli  arrivi di  Lukaku, Barella, Sensi e via dicendo, esito  da aggiornare oggi grazie alla chiusura della telenovela Icardi che azzera le polemiche e rimpingua il bilancio nerazzurro con la voce plusvalenze che festeggia con tanto di trenino stile ultimo dell’anno sulle note di  Disco Samba .

Beppe Marotta è Ad per la parte sportiva, il voto per questi  18 mesi in questo ruolo non può essere che positivo in attesa di possibili revisioni al termine dell’estate di gare. I risultati si giudicano alla fine, anche in anni di pandemia. Dopo di che le sue competenze non si fermano al mercato, come tutti ben sanno. La giovane età di Steven Zhang ,  le sue lunghe assenze da Milano per questioni di lavoro in Cina, la grande esperienza  di dell'Ad nella filiera di comando del calcio italiano, hanno costruito le condizioni per mettere in mano al manager la gestione della “politica” societaria.

E qui non è possibile dimenticare che Marotta si era speso a chiare lettere, dopo il “pagliacci” di Steven Zhang ai manovratori del vapore per recuperare Inter Sampdoria prima di ogni altra gara, poi per evitare la squallida serata di Torino allo Stadium mentre fuori i camion militari già portavano via le bare. Sappiamo bene come è andata.  E anche sulla data della semifinale di Coppa Italia con il Napoli l’anticipo di un giorno è risultato che non tiene conto della serie impressionante di impegni ravvicinati del club nerazzurro, favorendo evidentemente i 3 competitor.

Nel pomeriggio di oggi qualcosa di ben più pericoloso. Il voto de l dirigente nerazzurro è stato uno dei soli 3 contrari nel Consiglio Federale nella votazione sulla possibilità che una nuova  sospensione del campionato per covid 19 possa essere bypassata grazie ai play off.  Insieme a lui i soli Dal Pino e Lotito. Gli altri 18 tutti favorevoli ad una ipotesi che potrebbe rimettere addirittura in discussione la qualificazione dell’Inter alla prossima Champions, annullando i 6 punti vantaggio sull’Atalanta ed i 9 sulla Roma (sempre al netto del recupero con la Samp) e costringendo i nerazzurri  ad una serie di gare secche dal risultato prevedibile quanto una tombola.

Con un paragone un po’ azzardato  si può ben dire che il Marotta “politico” sembra avere la stessa capacità di penetrazione e di incidere nelle scelte che contano pari a quella di Matteo Renzi e della sua Italia Viva. Entrambi siedono nei consessi di comando ma quando si tratta di contare i risultati il cesto è quasi vuoto. L’ex Presidente del Consiglio si sbatte come un dannato, scrive libri, è onnipresente su tutte le emittenti a tutte le ore. Marotta invece tace. 

E’ vero che il peso “politico” dell’Inter nella filiera di comando del calcio non è mai stato pesante come quello di altri club, è lampante che il lungo silenzio di Steven Zhang non aiuta neanche il suo braccio destro. Ma è anche vero che trattandosi più che altro di calendari,  da un vecchio lupo come lui c’era da aspettarsi qualcosa in più, pur senza avere le spalle coperte dai cannoni della corazzata Fiat. Sulla sfondo, inquietante per tutta una serie di motivi, si muove lo spettro della Superlega. Amala.

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Giacomo Beretta