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Inter, Marotta tra Ronaldo e Messi, con mille ringraziamenti a Paratici

Non è un mistero che Beppe Marotta non fosse d’accordo sull’arrivo di Ronaldo alla Juventus. Lo confermò lui stesso in una intervista poco dopo il suo arrivo in nerazzurro: “Come a.d. della Juve sapevo che non c'era la sostenibilità economica per fare quell'operazione…. Fu un atto di grande coraggio di Agnelli, io non incidevo su questa operazione. Io avevo presentato un piano A senza Ronaldo, poi di fianco c'era quel tipo di operazione.”

Sapeva che i costi a bilancio tra ingaggio e ammortamenti sarebbero stati enormi, tali da rischiare mettere a dura prova l’equilibrio economico della società.  Ciò che sta succedendo in queste settimane dimostra che l’ex Ad della Juventus ci aveva visto giusto ma le sue cautele ebbero la peggio , schiacciate dall’ubriacatura di entusiasmo che aveva una sola parola d’ordine “CR7 si ripagherà con le magliette”. Da quanto si legge oggi è molto più facile che per ripagare quell’investimento enorme la Juventus sia costretta a privarsi del suo fuoriclasse oppure a mettere sul mercato Dybala. O forse addirittura entrambi.

Con queste premesse è facilmente immaginabile l’atteggiamento che Marotta possa avere nei confronti delle indiscrezioni che parlano di Messi all’Inter. Ha salvato le sue chiappe due anni fa con intelligenza e tempismo perfetto, difficile immaginare una inversione di tendenza di fronte ad un nuovo all in, anche qualora si aprissero lo possibilità di sedersi al tavolo del Barca. Le cifre di cui si parla sarebbero più o meno analoghe, l’età del fuoriclasse è la stessa, i rischi per il bilancio dell’Inter gli stessi, a meno che munifici sponsor non finanzino tutta l’operazione.

La differenza è una sola, Zhang non è Agnelli e se proprio vogliamo dirla tutta all’Inter manca anche (per fortuna) una figura come Paratici, che  proprio grazie a quella vicenda salì diversi scalini nella gerarchia bianconera. L’anno dopo si scatenò per portare Sarri alla Juventus al posto di Allegri. Un due su due mortifero. E pensare che da noi c’è chi si lamenta di Piero Ausilio