Adesso il re è nudo, Tonali ha fatto il miracolo anche senza vestire la maglia nerazzurra per un solo minuto. Andrà al Milan ma prima di raggiungere Pioli e Ibra ha fatto un gran regalo ai tifosi nerazzurri e agli addetti ai lavori, raccontando la sintesi vera del finale del conclave nerazzurro di qualche giorno fa a Somma Lombarda, quando Conte entrò chierichetto ed uscì Papa.
La storia di quelle ore va riletta, Zhang avrà avuto meriti enormi a tenere a freno le irrequietezze di molti, Marotta sarà stato l’abile tessitore della pax nerazzurra ma ora emerge chiaramente che il vero vincitore è Antonio Conte. Tonali era nerazzurro da tempo, Marotta aveva confermato come più non poteva (“è vero, il ragazzo ci piace”), l’accordo c’era con lui e quello con Cellino era sullo striscione del traguardo.
La marcia indietro di ieri è il segnale che ora sul mercato è Conte che fa e disfa, anche a costo di lasciare alla deriva uno dei migliori talenti della prossima generazione, pur di portare a casa gente dalla carta d’identità consunta ma che a suo giudizio offre garanzie per inseguire la vittoria sfuggitagli quest’anno. Probabile che la stessa sorte attenda anche Kumbulla, altro acquisto talmente quasi certo dopo mesi che ormai non ci crede più nessuno. Gli arrivi più che probabili di Vidal e Kolarov vanno in questa direzione, vedremo se arriverà Kante, Thomas o qualche altro centrocampista di primissima fascia in grado di dare la svolta al reparto più problematico della stagione da poco conclusa.
Non è un problema solo di mercato, ovvio, perché se arriva Kante gli interisti fanno 5 giorni di festa con i fuochi artificiali. E’ invece una questione che investe le prerogative della società. Da che mondo è mondo il tecnico presenta le sue richieste allo staff di mercato, il management valuta ed opera secondo criteri di opportunità economica e tecnica per mettergli a disposizione non tutto quello che era richiesto ma ciò che serve e ciò che è stato possibile reperire. Mourinho nell’estate del 2009 voleva in tutti modi Deco e Carvalho, gli arrivarono Lucio e Snejider, fece buon viso a cattiva sorte e tutti sappiamo come andò a finire. Dopo di che Moratti gli prese pure Quaresma, 24 milioni che ancora gridano vendetta, per togliere allo Special One la sete col prosciutto.
Conte dunque gode adesso di un potere di indirizzo sul mercato enorme, che nessun tecnico nerazzurro ha mai avuto. La scelta della società sarà stata sicuramente ben ponderata ma somiglia molto a quella di una trincea che sventola la bandiera della resa per salvare il salvabile. E con enormi responsabilità per tutti gli attori. Prima di tutto per Steven Zhang perché il pesce puzza dalla testa e perchè se Conte dovesse di nuovo sclerare dopo i primi passaggi a vuoto il primo responsabile sarebbe lui. In secondo luogo la società nel suo insieme che, decidendo di rinunciare a spazi di sovranità/discrezionalità a favore del tecnico, offre di sé un’immagine del tutto diversa dal format di decisionismo lucido, attento, prudente che i cinesi di Suning hanno costruito in questi anni.
Anche il mister si carica sulle spalle un fardello pesantissimo. Quest’anno nessuno gli aveva chiesto di vincere, c’è andato vicino per una somma di fattori probabilmente irripetibili (anche quelli negativi che potevano garantire all’Inter un successo inaspettato). Da queste ore è lui che si espone petto in fuori davanti ai tifosi ed alla critica, qui comando io, il mercato si fa come dico io. Preghi Iddio (se ne ha uno) oppure la dea della sua abilità che tutto vada come deve andare, perché in caso contrario sarebbe il primo ad essere lapidato, dalla stampa e dai tifosi.
In buona sostanza l’Inter lascia almeno in parte quanto seminato in questi anni sulla strada della costruzione di un gruppo manageriale forte e coeso per mettersi nelle mani dell’uomo solo al comando, strategia affascinante ma irta di insidie. Con un solo aspetto positivo: adesso è tutto chiaro, i tifosi e non solo loro sapranno con certezza di chi saranno i meriti (speriamo) o le colpe.