Ogni anno, il 4 settembre, per i veri tifosi nerazzurri è sempre un giorno un po' triste e in cui si sente sempre un grande vuoto. Il vuoto di una figura che ha scritto la storia prima in campo e poi in società dell'Inter. Lo ha fatto prima con i suoi successi da Capitano della Grande Inter di Helenio Herrera e Angelo Moratti, poi come dirigente per lo stile e il suo modo di vivere calcio con cui ha reso celebri i valori interisti. Giacinto Facchetti era, è e sarà sempre l'Inter.
Quel 4 settembre 2006 il cielo sopra l'Inter venne capovolto. Era già da qualche mese che nel mondo della stampa girava la voce di un Facchetti malato, ma non arrivò mai nessuna conferma. Con il passare del tempo si pensò sempre di più alle solite leggende metropolitane, messe in giro da qualche sciacallo privo di scrupoli. Nelle varie redazioni però la situazione era ben chiara. La situazione stava diventando sempre più critica. La conferma finale la si ebbe con le parole di Roberto Mancini, allora tecnico dell'Inter, dopo il rocambolesco successo in Supercoppa per 4-3 contro la Roma. Queste furono le parole del tecnico jesino: “Gli dedichiamo questo trofeo, ci starà guardando”. Fu un segnale chiaro. Qualche giorno dopo anche la Gazzetta confermò la notizia della malattia di Facchetti.
Il 4 settembre 2006 arrivò la tanto temuta notizia. Giacinto Facchetti si spense a 64 anni, chiudendo per sempre quegli occhi con cui ha sempre guardato con tanto amore la sua Inter. Si è spento proprio all'inizio del ciclo vincente dell'Inter, culminato con la conquista della Coppa dei Campioni nel 2010 a Madrid. Proprio quella Coppa dei Campioni che Facchetti aveva sollevato da Capitano per ben due volte nel 1964 e 1965. Piace pensare che quando Zanetti sollevò la coppa al cielo di Madrid, quel 22 maggio 2010, il suo bellissimo sorriso fosse lì, sopra al Bernabeu ad accompagnare la sua Inter.
Facchetti è stato un esempio, un uomo da imitare e da ammirare. Ha cercato di lasciare, prima da giocatore e poi da dirigente, un calcio migliore di quello che aveva trovato. Lo ha fatto con le caratteristiche che lo hanno sempre contraddistinto nella vita: schiena dritta, tanto lavoro ed immensa passione, grande capacità di fare squadra e soprattutto il rifiuto di sotterfugi e scorciatoie facili, che hanno invece caratterizzato la figura di altre persone che al suo cospetto non possono avere neanche la decenza di essere nominate. Questa è l'eredità che Giacinto ha lasciato agli interisti, ma non solo. L'eredità che ha lasciato al calcio.
L'Inter lo ha voluto ricordare con questo messaggio sul suo sito ufficiale:
“C’è qualcosa che il tempo non può cancellare o sbiadire, sono gli insegnamenti, i valori e l’esempio di chi è riuscito a lasciare un segno, nella sua vita e in quella degli altri. È per questo motivo che il ricordo di Giacinto Facchetti è sempre vivo, è l’eleganza dei suoi movimenti, la classe dei suoi gol, la lealtà sportiva, l’integrità morale, la capacità di essere un fuoriclasse e un innovatore, è un pensiero che guarda al futuro, ai giovani.
Un messaggio che si tramanda tra generazioni mantenendo la sua forza.”
Ovunque tu sia, ciao Cipe