Inter, Conte non è l’uomo giusto. Ecco i motivi
Sposare l'Inter vuol dire credere in un’idea, abbracciare l’Interismo, movimento filosofico-culturale, razional-emotivo noto ai veri nerazzurri. L’Interismo è alla base dell’idea, e per gli interisti vincere non è l’unica cosa che conta. Vincere e basta non è filosofia che l’Inter ha mai abbracciato, né abbraccerà mai. Quando fu esonerato Frank De Boer, vittima di tanti sbeffeggiamenti da parte di addetti ai lavori e non, la Curva Nord scese in campo. Lo fece con uno striscione che ringraziava l’uomo. E quell’uomo aveva idee, ma purtroppo non ebbe il tempo di metterle in pratica, di sviluppare il suo calcio. La Curva Nord lo comprese, perché ha sempre compreso l’idea che vive e regna nell’Interismo. Spalletti aveva idee che abbracciavano l'Interismo. Lo ha dimostrato sin dal suo arrivo ad Appiano Gentile.
Per l’Inter e per la causa nerazzurra ha combattuto battaglie e ci ha rimesso il posto. Conte ha idee differenti. Tatticamente sembrano piuttosto rigide, ancorate ad un 3-5-2 che farebbe impallidire lo stesso Mazzarri. C'è poi la sua formazione filosofica che, dopo vent’anni e più trascorsi all’ombra della Mole Antonelliana, non ha nulla a che vedere con l’Interismo. Un matrimonio che, difficilmente avrebbe potuto funzionare. I risultati lo stanno dimostrando. Quando Conte se ne andrà – perché se ne andrà – sarà difficile reperire striscioni pronti a ricordarne idee o esaltarne gesta. E la storia non cambierà, neanche se Conte dovesse riuscire nell’impresa di conquistare un titolo da apporre in bacheca. Il minimo verrebbe da dire, considerando la rosa eccellente a sua disposizione. È un allenatore importante, d'altronde ha vinto a Torino e a Londra, conquistando pregevolissimi risultati anche al principio della sua carriera a Bari e a Siena. Ma non è l'uomo giusto per l'Inter, così come l'Inter non è la squadra giusta per lui. Nessuno potrà mai dimenticare il modo con cui Conte ha tentato di prendere, sin dal primo giorno della sua avventura, le distanze dalla tradizione nerazzurra.
È giunto a Milano forse convinto di poter cambiare qualcosa di radicato nelle fondamenta nerazzurre, magari mosso dall'errata convinzione nata dai successi alla Juventus e al Chelsea. Nessuno è custode estremo dei princìpi del calcio. Non lo era Sacchi, figuriamoci Conte. Anche le ultime decisioni di mercato hanno destato parecchie perplessità. Dopo aver scaricato Diego Godìn, uno che in carriera ha vinto più di quanto fatto dallo stesso Conte, e dopo aver trattato Eriksen come l’ultimo dei pulcini della Marchigiana, cos’altro dovrà fare per essere silurato? Magari tenterà di trasformare Hakimi in Lichtsteiner. L’ennesima utopìa che c’entra nulla con l’Interismo. Qualora Conte vincesse un titolo, basterebbe per far vacillare l'Interismo che combatte dal primo giorno in cui è arrivato a Milano? Impossibile.