Inter, Conte tra presente e futuro. In caso di addio, ecco il profilo ideale
L’Inter è squadra femmina, passionale, volubile. Agli antipodi del pragmatismo che caratterizza la Juventus. Pensiero dell’indimenticabile Gianni Brera che ci sentiamo di condividere. Come condividiamo le parole di Beppe Severgnini nel suo romanzo dal titolo “Infiniti interismi“. Essendo femmina, l’Inter è di qualità superiore. Una femminilità che necessita di attenzioni e che non sopporta gli uomini che si agitano e si strappano i capelli. Sarà forse per questo che allenatori come Josè Mourinho hanno, sin dal primo giorno, incarnato la figura ideale di allenatore nerazzurro. O come Gigi Simoni, un galantuomo che avrebbe meritato una permanenza più lunga dei soli diciotto mesi trascorsi a Milano. Allenatori che hanno assecondato la femminilità dell'Inter, esaltandola attraverso successi che riecheggiano oltre i confini d'Italia.
È sempre stato così, e così sarà anche in futuro. All'Inter il pragmatismo non ha mai funzionato. È forse questo uno dei motivi per cui il matrimonio tra Antonio Conte e l'Inter potrebbe vacillare al termine della corrente stagione. Solo un titolo in quella bacheca che negli ultimi dieci anni ha raccolto cumuli di polvere potrebbe lasciare le cose come stanno. Conte non è quasi mai stato tenero né con l’Interismo, che ha combattuto sin dal principio della sua avventura in nerazzurro, né con la società. Il motivo risiede molto probabilmente in quel pragmatismo che vive e regna dalle parti di Torino e che, per forza di cose, si è radicato nell'allenatore dopo anni di militanza nella Juventus, prima da calciatore, poi da allenatore. Sia ben chiaro, si tratta di due filosofie agli antipodi ma ugualmente rispettabili.
La Juventus non è mai stata Pazza, e Conte ha sempre puntato il dito contro la Pazza Inter. Nonostante le continue carezze societarie, gli acquisti di Lukaku, Barella, Sensi, Young, Moses – oggi in Russia – Kolarov e del figliol prodigo Vidal, ha continuato a battere i pugni sul tavolo. Magari mosso da una celeste nostalgia di cocciantiana memoria proprio per quel pragmatismo che in nerazzurro non incontrerà mai. È proprio questo l'aspetto che rende l'Inter unica, ineguagliabile. La versione da chierichetto del Conte pacato, apparentemente sereno e soddisfatto, è durata meno di un temporale estivo. Si è lasciato nuovamente assuefare da una strana forma di pseudo vittimismo, come se le critiche fossero campate in aria e prive di qualsivoglia fondamento razionale. Ma sono figlie dei risultati, del ritardo in campionato dal Milan e di un girone di Champions League in cui l'Inter si giocherà tutto in serata a Moenchengladbach. E che avrebbe sicuramente potuto affrontare meglio. Non è mai stato, dopotutto, un girone infernale di quelli cari a Dante Alighieri. Critiche che solo i risultati positivi, alla lunga, potranno tramutare in elogi. L’Inter ha scelto Conte perché gli piaceva – e gli piace tuttora – e ne apprezza doti tecniche ed umane. Come ha ampiamente sottolineato la società attraverso le parole di Steven Zhang.
In caso di addio di Conte – ci auguriamo il contrario perché vorrebbe dire aver conquistato un titolo – sarebbe pronto Massimiliano Allegri. Secondo i ben informati, il tecnico livornese avrebbe declinato, non più tardi di qualche settimana fa, una proposta del Paris Saint Germain. Parigi sarà sempre Parigi, che vuoi di più? Domanda che sicuramente avrebbe posto ad Allegri il compianto romanziere francese, Frédéric Dard se solo si fosse interessato al calcio e non al genere noir. La risposta di Allegri la conosceremo tra qualche mese. O chissà, magari qualcuno dalle parti di Appiano Gentile la conosce già.