Conte e l’ennesima delusione in nerazzurro. Tanti i suoi demeriti
Inutile girarci attorno, meglio andare subito al sodo. Da quando Antonio Conte siede sulla panchina dell’Inter ha sempre fallito le partite decisive. Dalla finale di Europa League contro il Siviglia, all’ultima gara di Champions League contro il modesto Shakhtar – in un modesto girone – il risultato non è cambiato. Senza considerare gli scontri diretti durante lo scorso campionato più il derby di quest’anno. Deludenti, per la tristezza del popolo nerazzurro. L’Inter fatica maledettamente a compiere quel salto di qualità per cui lo stesso Conte è stato scelto al posto di Luciano Spalletti. Eppure la tanto decantata crescita di squadra vista da Conte non sembra essere tangibile. E poi diciamocela tutta e con estrema franchezza: il girone di Champions in cui è piombata l'Inter era tra i più equilibrati – vero – ma anche tra quelli più abbordabili. Non riuscire ad arrivare prima dello stesso Shakhtar è semplicemente fallimentare. Non essere riusciti neanche a qualificarsi in Europa League è pesante per blasone ed importanza della società nel panorama calcistico mondiale.
Inutile appellarsi a banali scuse, o parlare di miglioramenti solo perché si è arrivati a un punto di distanza dalla Juventus quando i bianconeri, già campioni d'Italia, avevano allentato la tensione e mollato la presa. Anche la medaglia d’argento in Europa League resta un’amara consolazione. Lo sappiamo benissimo, e ce lo ha ricordato Conte che il secondo è solo il primo dei perdenti. Il mister nerazzurro ha le sue responsabilità e fatichiamo a comprendere quale possa essere il famoso piano B di cui ha parlato nell’ultima conferenza stampa.
Conte è rigidamente ancorato ad una rigidità tattica dal quale fatica a divincolarsi. Schema di gioco – 3-5-2 muscolare – che può andar bene in Italia, ma che fatica terribilmente in Europa. È la storia panchinara di Conte che lo ha dimostrato. Prima alla Juventus, quindi al Chelsea ed ora anche all’Inter. Una serie di flop europei non giustificabili dalle rose e dai fior di calciatori avuti a disposizione. Rinunciare alla classe cristallina di alcuni talenti che potrebbero contribuire a rendere il calcio contiano molto più intraprendente e meno prevedibile non ha prodotto risultati. Si pensi a Christian Eriksen, migliore in campo nonostante i pochissimi scampoli di partita.
Anche in questa stagione l’Inter rischia di fare l’ennesimo buco nell’acqua. L’Europa è evaporata e il mercoledì non resterà che dedicarsi alla visione di qualche serie televisiva. Non erano certamente questi i presupposti che spinsero la società a scegliere Conte. Vedremo cosa deciderà Zhang a fine stagione, ma la sensazione è che solo con il tricolore cucito sul petto la storia d'amore tra l'Inter e Conte continuerà. Il presente è francamente deludente e non c'è nessun piano B che possa farci cambiare idea.