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Inter, il capolavoro di Conte, uno spettro da allontanare

Il pareggio dell’Olimpico lascia l’amaro in bocca ai tifosi nerazzurri, altri due punti lasciati per strada proprio nella giornata che poteva consacrare una nuova dimensione per la squadra nerazzurra se, dopo un lungo digiuno, fosse riuscita a vincere uno scontro diretto, per di più in trasferta e con una prova di forza perentoria come quella vista nella ripresa .

Sarebbe stato probabilmente il momento decisivo perché il gruppo acquisisse la consapevolezza della propria forza, quello step decisivo per raggiungere  personalità e autostima necessarie per inseguire risultati e status di eccellenza. Così non è stato, alla fine della giostra mancano i punti, mancherà ancora di più questo upgrade psicologico.

A metà ripresa la Roma era ormai sulle ginocchia, aspettava solo il colpo di grazia che sembrava arrivare da un momento all’altro. Al suo capezzale ha trovato l’aiuto più insperato proprio nella sponda avversaria, Fonseca avrà messo idealmente ceri alle sue divinità quando ha visto Conte richiamare in panchina Hakimi, quando ha visto entrare Perisic e Gagliardini lasciando la squadra senza nessuno in grado di nascondere e gestire la palla in attesa di trovare il colpo del KO finale.

Le mosse di Conte hanno trasmesso paura ai giocatori, hanno sconfessato tutto quanto di buono era stato fatto fino a quel momento quasi che il dominio sulla Roma fosse stato frutto di una casualità cui porre rimedio,  hanno tolto ai suoi giocatori la possibiltà di sfruttare le praterie che la Roma stava lasciando, protesa  com’era alla ricerca del pari, regalando ai giallorossi campo e 15 minuti di pressing forsennato chiusi dal gol di Mancini. Un film già visto con la Lazio, in parte con l’Atalanta e soprattutto con il Napoli, segnale inequivocabile delle difficoltà del tecnico nel leggere le situazioni del momento e nell’usare le opzioni della panchina nella maniera migliore.

Dopo di che Conte ha messo il fiocco alla sua giornata romana dicendo davanti alle telecamere che “alla fine subentra anche l'ansia del risultato importante, che ti porta mentalmente ad abbassarti”.  In poche parole  colpa dei ragazzi che non hanno saputo reggere la pressione. Ok, niente di nuovo sul fronte occidentale.

Un dato deve far riflettere, solo pochi mesi fa, dopo la finale di Europa League ed il secondo posto in campionato, al di là delle polemiche che avevano portato poi all’incontro di Villa Bellini, Conte era riuscito a compattare la tifoseria nerazzurra a suo favore, nonostante dubbi di varia natura che lo avevano accolto al suo arrivo all’Inter e accompagnato per la gran parte della stagione. I commenti  sui social e sui media delle ultime settimane fotografano un capolavoro al contrario, oggi anche i più ferventi sostenitori del tecnico non gli risparmiano commenti al vetriolo e ironie.

Questione di equilibrio, quello che Conte ha sempre reclamato in campo senza mai trovarlo in 18 mesi, quello che probabilmente difetta anche a lui, testardamente impegnato a dimostrare urbi et orbi la prevalenza della sua mentalità  su quella del resto dell’ambiente nerazzurro, con la società colpevolmente assente su questo fronte.

Continuare ad accampare il giochino del carro su cui salire o scendere è miope ed infantile, la realtà indica che tra due giorni con la Fiorentina c’è una gara da dentro o fuori e subito dopo la Juventus, per cercare di allontanare lo spettro dell’ennesimo gennaio spazza sogni, come succedeva all’epoca della Pazza Inter