Ritorno al futuro. Si potrebbe sintetizzare così il ritorno di Roberto D’Aversa sulla panchina emiliana. Non che il mister della doppia promozione sia paragonabile al celebre Doc Brown, ma la scelta è comunque sorprendente. Per differenti aspetti, primo fra tutti la separazione della scorsa estate. I numeri, almeno per il momento, non sorridono al Parma. La media punti è di 0,33 dopo nove gare disputate. Ancor più triste è la classifica con un magrissimo penultimo posto.
Sei sconfitte, tre pareggi, nessun successo, eppure il Parma delle ultime uscite appare lontano parente di quello abulico di qualche settimana fa. Discreta la corsa, buone le trame di gioco, importante il recupero di Karamoh e Cornelius, frecce letali per l’arco di D’Aversa. Che, a onor del vero, ha continuato col 4-3-3 tanto caro a Fabio Liverani.
È un Parma che non riesce a gestire energie e vantaggio. La squadra cambia radicalmente nei due tempi. Benissimo nelle prime frazioni come testimoniato dal vantaggio con Udinese e Spezia. Maluccio nella fase cruciale e finale di gara. E pensare che gli elementi per congelare le gare ci sarebbero tutti. Il mercato di gennaio ha portato in dote Pellè, Zirkzee e Man. È la difesa – globalmente l’intera fase difensiva – il tallone d’Achille del Parma. Sulle corsie esterne gli avversari penetrano come un coltello nel burro. Conte dovrà necessariamente sfruttare il potenziale di Hakimi e Perisic per alimentare pericoli e rendere ancor più letali Lukaku e Lautaro.
Crudo o cotto? Non ha importanza, l’Inter vuole solo mangiarsi il Parma.