Premessa: non abbiamo indiscrezioni sui vari fondi interessati ad entrare in società, non abbiamo notizie taroccate da spacciare per roba buona come molti social interisti, ragioniamo su ciò che leggiamo e tanto basta.
Cosa c’è di certo ad oggi? Di sicuro che Suning ha bisogno di liquidità, da qui in poi tutte le ipotesi sono buone, cessione della maggioranza, prestito, cessione di quote minoritarie ecc.
Certo è anche che di questa situazione di enorme difficoltà i tifosi possono mandare i ringraziamenti a due indirizzi, quello di chi ha inventato il Covid e quello del governo cinese. Il primo rompe le balle a tutti, il secondo solo a noi e scusate se è poco. Quando Suning rilevò la società da Thohir qualcuno sommessamente fece presente i pericoli che potevano derivare dallo stretto legame tra il gruppo di Zhang Jindong e la politica. Ovviamente fu messo alla berlina, arrivavano stabilità e quattrini freschi, soprattutto per il mercato, unico vero interesse per i Di Marzio boys nerazzurri che non riescono a vedere a 20 cm dal proprio naso.
Infine, udite le recenti dichiarazioni di Nikos Stathopulos, manager di BC Partners, non è certo ma assai verosimile che il fondo inglese stia trattando da tempo con Suning per entrare nell’Inter. Il nome del club non lo ha fatto ma le sue parole lasciano poco spazio all’immaginazione.
Le certezze finiscono qui.
Al di là delle voci su altri gestori di capitali che sarebbero pronti a studiare il dossier Inter, negli ultimi giorni si è sparsa la notizia dell’interessamento del fondo arabo PIF, scatenando la gioia di molti perché il fascino di un proprietario con 347 miliardi di dollari gestiti arrapa più del balletto di Elodie a Sanremo.
Primo pit stop: il mondo del business è privo di regole, vige solo la legge del più forte e del più furbo e siccome ai cinesi come Zhang tutto si potrà imputare fuorchè la mancanza di abilità, non sarebbe una sorpresa scoprire domani che il nome fondo saudita è stato buttato ad arte nel mare magnum dell’informazione solo per dare un segnale a BC Partners, per mettergli il fuoco alle chiappe, visto che entro marzo l’Inter dovrà rispettare scadenze nazionali e dell’UEFA.
Proseguiamo, ipotizzando che l’interesse sia reale. PIF è l’acronimo di Public Investment Fund, è un fondo sovrano, ovvero gestito direttamente dal governo arabo. In poche parole l’Inter resterebbe soggetta ai voleri ballerini di governanti, di uno stato diverso dalla Cina degli Zhang, ma pur sempre con le logiche della politica che niente hanno a che vedere con quelle del calcio. Qualcuno vede una qualsiasi convenienza nel permanere soggiogati da logiche extrasportive ed extraimprenditoriali? A nostro avviso abbiamo già dato.
E dulcis in fundo, con tutti gli sceicchi mediorientali, con tutti gli emiri con i petroldollari che gli escono dalle orecchie, chi andrebbe a beccare l’Inter? L’uomo forte del regno saudita, Mohammad bin Salman, figlio del re dell’Arabia Saudita e suo erede designato, da giorni su tutte le pagine dei giornali di tutto il mondo perché accusato dal governo americano e dall’Onu di essere il mandante dell’omicidio del giornalista dissidente Jamal Khashoggi avvenuto nel 2018.
Per molti argomento interessante quanto le statistiche sulle piogge in Norvegia, arrivano i quattrini per il mercato e tanto basta… e poi in fondo anche la Cina non è esempio fulgido di democrazia e di rispetto dei diritti, dunque vaffanculo a chi si fa troppe pippe mentali e dateci Mbappè. Pensano di mettersi a posto la coscienza urlando che il più pulito c’ha la rogna e che il calcio non deve guardare a queste cose ma il buon senso porta su altri lidi.
Il mondo del tifo nerazzurro sembra diventato ormai un’autoscuola, impegnata h24 a distribuire o a togliere patenti di interismo in funzione di un post su un giocatore o sull’allenatore, il giochino idiota del carro su cui scendere o salire è il concetto più elevato in cui molti riescono ad esprimersi ed a commentare le idee degli altri. Essere tifosi non è (o non dovrebbe essere) incompatibile con il tentativo di ragionare, il tifo è di per sé “irrazionale” come tutte le passioni ma quando prende il sopravvento sul raziocinio nascono solo violenza fisica e verbale, menefreghismo, il modo peggiore per stare al mondo, per confrontarsi con esso. E dunque se anche il calcio, il tifo, costringe a fare i conti con la propria coscienza è il momento di dire che la storia dell’Inter ed i suoi valori di cultura, universalità, rispetto dell’altro e del diverso non hanno niente a che spartire con l’intolleranza che porta ad eliminare un avversario politico.
Dobbiamo passare sotto il giogo di un’economia mondiale che non permette più agli industriali italiani di dedicare le risorse necessarie al calcio? Ok ne prediamo atto. Dobbiamo rassegnarci a vedere anche l’Inter fagogitata dalla finanza speculativa? Ok anche qui. Ma chi non ha portato il cervello all’ammasso non può fare a meno di valutare che anche l’etica del tifoso più appassionato non può essere messa da parte sull’altare del dio quattrino.
Discorso troppo complesso ? Forse si, d’altronde uno come Marco Bellinazzo ci ha speso un libro (“I veri padroni del calcio”) per spiegare urbi et orbi che il calcio è un elemento essenziale della geopolitica. Allora, giusto per intendersi, mettiamola giù con Massimo Moratti . “C’è una cosa di cui vado orgoglioso, che questa società è sempre stata condotta da persone per bene” disse mentre era Presidente. Un orgoglio che abbiamo condiviso tutti, un orgoglio da continuare a coltivare anche per il futuro, anche quando arriveranno fondi e manager pronti ad ingrassare il vitello prima di sacrificarlo in nome del business.