Inter-Atalanta, il fine giustifica i mezzi: elogio al sacrificio
E’ un elogio al sacrificio, questo pezzo. Perché l’Inter -e Conte- ha dimostrato di saper vincere in più modi. Il fine giustifica i mezzi.
Era la sfida bicromatica tra il nero e l’azzurro; colori sociali di Inter ed Atalanta, che a fine partita hanno colorato il cielo un po’ più blu sopra San Siro, decisamente più nero in quel di Bergamo. Quella di ieri sera è stata forse la vittoria più importante di tutta la stagione interista, perché arrivata sotto pressione, sia prima dei 90 minuti date le vittorie di Milan e Juventus, sia dentro al campo per il forcing atalantino.
E’ un elogio al sacrificio, questo pezzo. Perché l’Inter -e Conte- ha dimostrato di saper vincere in più modi. Attraverso il gioco quando le partite lo richiedono, di squadra, di cuore, e di difesa quando le gare obbligano a questo tipo di prestazione. Adattamento ed abnegazione a dettami tattici e caratteriali, l’Inter sta diventando grande proprio così. L’Atalanta è la squadra più europea, a detta di molti. Ecco perché non era scontato lasciarla senza reti, non era scontato comandarla in campo. E Conte questo lo ha capito da tempo, impostando una gara in contropiede. Che non significa catenaccio però, attenzione.
Il fine giustifica i mezzi, diceva Niccolò Machiavelli. Per raggiungere il fine di conservare e potenziare lo Stato -che potremmo associare al primo posto della classifica- secondo lo storico fiorentino qualsiasi azione del Principe sarebbe giustificata, anche se in contrasto con le leggi della morale. O del bel giuoco, per gli esteti del pallone.
Già sottolineata da molti l’immagine del match, con Eriksen che spazza il pallone a poco dal termine come fosse Muntari, ci soffermeremmo sulla panchina che a dieci secondi dal fischio finale sta tutta raccolta ai limiti del rettangolo di gioco, pronta ad abbracciare i titolari in campo come fosse l’atto finale della Champion’s League.
L’ha decisa proprio Skriniar, l’unico in grado di far innamorare il popolo nerazzurro di fronte alla parola Milan. Come il suo nome. Una mischia in area di rigore risolta di cattiveria, di garra, di cuore appunto. Sono passati undici anni da quando l’Inter riusciva a soffrire PER vincere. Anche undici anni fa sentivamo parlare di non gioco, proprio come ieri sera e stamani in alcuni organi di stampa; c’era un altro comandante, certo, ed erano altri tempi. Ma come i tifosi nerazzurri hanno sopportato undici anni fa, sopporteranno anche oggi.
D’altronde sono gli stessi che parlano di crisi Lukaku dopo due gare senza gol…