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La regola della tripla E. Perché Conte sta stravincendo il confronto con Pirlo

Conte e Pirlo. Pirlo e Conte. Doveva essere il grande confronto della stagione. E così sarà, probabilmente, in nome di una classifica che vede l'Inter sempre più capolista solitaria, e la Juve – a maggior ragione ora con l'uscita dalla Champions – unicamente concentrata sull'obiettivo di rincorrere il primo posto. Inter e Juventus, col Milan terzo incomodo, rappresentano il meglio che oggi il calcio italiano può offrire. I due tecnici, estremamente diversi fra loro, sono due casi-studio, a loro modo interessanti e impattanti.

A confermare che il migliore sia Conte, però, tre concetti basilari. Esperienza, energia, efficenza. La regola della Tripla E, premia di gran lunga il tecnico nerazzurro, assoluto acceleratore di vittorie, e vero numero uno.

ESPERIENZA – Dal 2006, quando Conte ha abbracciato la sua prima panchina da primo allenatore all'Arezzo, di acqua sotto i ponti ne è passata. Un palmares incredibile quello di Conte, che ha vinto sempre e comunque a livello locale, in Italia come in Inghilterra. Tre scudetti, due supercoppe italiane, la prestigiosa Premier League del 2017, la coppa d'Inghilterra della stagione successiva. Per non parlare della breve, ma intensa, esperienza sulla panchina della Nazionale, che rinnovato orgoglio offrì al paese, spegnendosi soltanto alla lotteria dei rigori di un Europeo che Conte avrebbe meritato di stravincere per il materiale (pochino) a disposizione, e la produttività (tanta) espressa dal gruppo azzurro. E Pirlo? Zero gavetta. Gettato subito nella mischia in una mossa che appare oggi sempre più affrettata. Non c'è partita, insomma, fra i due, già solo considerando le esperienze accumulate, gli anni di campo e d'insidie affrontate. Tante, tantissime, quelle di Conte. Poche, anzi nulle, quelle di Pirlo.

ENERGIA – Basta vederli in panchina per farsi un'idea. Si sbraccia come un leone, Conte. Il tecnico nerazzurro è una partita nella partita. L'Antonio-cam è un gustoso film da proiettare ogni gara. Lo sanno bene gli arbitri, tenuti sempre sulla corda dalle qualità temperamentali di Conte. Pirlo, invece, non ha perso l'aplomb degli anni da calciatore. Composto, non si spettina mai. Ma questo non paga.

EFFICENZA – Non si trascuri, già, la stagione scorsa. Conte ha impattato sul mondo Inter senza vittorie finali ma con il carisma dei grandissimi e la capacità di inculcare un linguaggio vincente ad un gruppo distratto. Conte ha saputo annullare il suo passato, alterando esponenzialmente all'insù un presente a forti tinte nerazzurre. Camaleontismo a metà fra professionalità e carattere innato di uno tosto, in grado di dare tutto per le maglie che difende. E ha anche cambiato idea, Conte. Ad esempio su Vidal ed Eriksen. Con il danese, ora, vero fiore all'occhiello di un centrocampo che ha visto emergere volti nuovi, senza preclusioni. L'abbondanza nerazzurra è stata gestita bene da Conte, in grado di trasmettere valori e princìpi ai suoi, anche al di là di moduli e numeri. Differente il pensiero di Pirlo: frettolosamente chiamato Maestro, è finito per rimanere fin qui imbottigliato su un compromesso non proprio da libri di letteratura. Doveva essere innovatore e portatore di bel gioco: la sua Juve è brutta da vedere, e tremendamente compassata. L'interpretazione è insomma da rivedere. Conte, invece, si gode il risultato di un'opera iniziata un anno e mezzo fa. Fin qui sta letteralmente mangiando il suo rivale.