Tu chiamale se vuoi, emozioni – Come quelle nate dopo il gol di Lautaro. El Toro che mata il Toro. Una vittoria cercata ed ottenuta grazie ad uno straordinario spirito di squadra. Meriti di una società brava nel potare rami secchi per costruire una squadra di uomini che all’io hanno sempre anteposto il noi. Meriti di Antonio Conte, primo dei moschettieri e promotore del tutti per uno ed uno per tutti.
Conte è stato intelligente nel mettere da parte alcune rigidità – soprattutto tattiche – per liberare la qualità di Eriksen e Perisic. Quando tutti esaltavano lo champagne di Pioli o si solleticavano il palato con il calcio del presunto Maestro Pirlo, è venuta fuori la grande forza dell’Inter. Squadra muscolare, dicevano, che gioca male, ribattevano. Spifferi da Torino o dall’altra sponda dei Navigli. Spifferi e nulla più.
L’Inter vince perché è forte – E lo fa anche bene. Non è semplice vincere otto partite di fila, figuriamoci farlo con la grande cattiveria agonistica dei nerazzurri. Messa in campo – solo ultimi esempi – contro l’Atalanta ed ancor più a Torino contro un Toro mai domo. Con sofferenza in alcuni momenti, ma sempre e comunque con la voglia di portare a casa l’intera posta in palio. È presto per parlare di scudetto, mancano ancora tante gare. Alcune complesse come quella del prossimo sabato contro il Sassuolo. I neroverdi rappresentano un’autentica bestia nera. A Milano furono sconfitti l’ultima volta quando alla guida dell’Inter c’era Mazzarri. Preistoria. Pericoli da cui guardarsi, ma Conte questo lo sa bene. Dipende solo dall’Inter. E dai fantasmi di una mente che è bene tenere al chiuso.
Da Nietzsche a Conte, stessa lunghezza d'onda – La strada da seguire per fare sempre meglio – partita dopo partita – conduce ad amare il proprio nemico. Mantiene alta la guardia e concentrazione ai massimi livelli. Parole di Friedrich Nietzsche. L'Inter continui così e lasci alle avversarie tempo per recriminare e, chissà, magari anche gufare.
Così è (se vi pare).