Inter, Lautaro ed Eriksen, movimenti che fanno paura
Gli dei del calcio? Ma quali dei… Allora la fortuna degli audaci? Inter e fortuna sono parole difficili da mettere nella stessa frase, verrà anche quella, chissà quando, e pretenderemo gli arretrati di anni e anni. La partita con il Torino l’ha vinta l’Inter, né le divinità né tantomeno il lato b, l’ha vinta l’Inter anche senza meritarlo più di tanto, in una giornata sicuramente non all’altezza delle partite con Lazio, Juventus, Milan, giocate sicuramente a standard ben più elevati di quelle con i granata, con il Parma, l’Atalanta e anche con il Genoa.
Se fino a qualche tempo fa si diceva che l’Inter soffriva con le dirette concorrenti, una volta sfatato alla grande questo tabù ora qualche difficoltà arriva con le squadre della parte destra della classifica. Ma chi ha bisogno di punti per non affogare lascia meno spazi di chi se la gioca per vincere e l’Inter atavicamente soffre chi si chiude nella propria area intasando gli spazi, specie in giornata di scarsa vena degli arieti Lukaku e Hakimi. Squadra camaleontica, vogliamo metterla così? E a chi non va bene non resta che rosicare.
Torniamo a ieri. Il rigore dell’1 a 0 non è frutto di una combinazione astrale, è figlio dell’intelligenza di Eriksen che, prima di ricevere la palla da Barella, guarda 2 volte in avanti per capire la posizione dei suoi compagni e quando la sfera gli arriva sa già cosa fare, ha già il corpo girato verso la porta per mettere il pallone di prima e in verticale a Lautaro.
Ma soprattutto il secondo gol spiega molto. Non la zuccata vincente del Toro argentino ma il suo movimento appena capisce che Sanchez la metterà dentro, per staccarsi dal suo marcatore, allargarsi quei due metri necessari a prendere spazio e tempo decisivi per trovarsi da solo laddove arriverà la palla del Nino Maravilla. Paradossalmente il colpo di testa sul secondo palo, lontano dalla portata di Sirigu, è la cosa più semplice. Pochi secondi che richiamano alla memoria il gol di Icardi al 92mo nel derby di ottobre 2018, quando il colpo di testa ad uccellare Donnarumma fu elementare rispetto al movimento diabolico per mettere Romagnoli a sedere per terra e il portierone rossonero fuori tempo.
Nel libro del calcio le mosse di Eriksen e Lautaro sono spiegate alla lettera T, alla voce talento. L’Inter ha giocatori di questo livello, il Torino no. La differenza sta tutta qui. Inutile andare a cercare alla F di fortuna o alla C di …