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Esclusiva ID, Ze Maria: “Gaucci e Moratti? Sole e Luna. Adriano? Un quarto figlio”

L’ex terzino ed ora allenatore, Josè Marcelo Ze Maria, è stato ospite del talk show del giovedì sera “I Gemelli and Saba”.

Ospite de “I Gemelli and Saba“, talk show del giovedì sera di Inter Dipendenza è stato Josè Marcelo Ze Maria, ex calciatore ed attuale allenatore. Con i nerazzurri ha conquistato uno scudetto(2005/06), due Coppe Italia (2004/05, 2005/06) ed una Supercoppa Italiana (2005/06).

Ze Maria comincia affrontando tematiche relative all'attuale situazione dell'Inter vittoriosa nell'ultimo turno contro il Torino. Un’Inter che somiglia a quella di Mancini? Sì, ma con una differenza: “Un’Inter che è determinata a vincere lo scudetto, dov''è tanti anni che non si vince nulla purtroppo. Ora si è concentrata sul campionato, con una squadra di livello. Stanno seguendo le idee del mister e questa è una cosa giusta. Difficile paragonarla all’Inter del 2005 lì eravamo in 25-30 giocatori che potevano giocare tutti, questa è la differenza”. Piccola parentesi sull'unico gol segnato in maglia nerazzurra: “Gol al Cagliari. Mi ricordo che giocavo a centrocampo in quanto Mancini giocava con il 4-4-2 e io facevo l’esterno, mi piaceva attaccare. Un cross di Martins e l’attaccante centrale che tagliava avanti al difensore. È stato l’unico gol nella mia esperienza“. Tornando alle ultime partite: “Le ultime tre partite dell’Inter non sono state brillanti nonostante la vittoria sia contro il Parma che contro l’Atalanta. Ha fatto molta fatica. Nonostante ciò però si sta dimostrando una squadra cinica che, pur con alcune difficoltà, vince. Sa quando e dove colpire. Questo è merito dell'allenatore“. 

I critici affermano che Milan e Juventus potrebbero ancora mettere in difficoltà i nerazzurri. Ze Maria però è di tutt'altro parere: “Io dico l’Atalanta, sì. Questo perché, secondo me, gioca il calcio migliore. L’Inter è avanti perché è cinica, ha imparato a soffrire ed ha i suoi meriti. Ora l’Atalanta, fuori dalle Coppe, è quella che maggiormente potrà impensierire i nerazzurri”. Poi però si sbilancia: “Detta sinceramente solo l’Inter può perdere lo scudetto, se non commette molti errori potrà vincere e cominciare un ciclo. La Juventus è sempre lì, ma ultimamente non sta giocando bene, mentre il Milan non ha la rosa adatta per arrivare fino al termine ad alti livelli. Anche ai miei tempi arrivavamo da alcuni anni senza vittorie ed abbiamo aperto un ciclo. Potrebbe succedere nuovamente“.

Si passa ad una considerazione su Eriksen ed il suo attuale impiego: “Io sono brasiliano, i migliori devono giocare sempre. Basti pensare al Brasile dell’82 o del 70: giocavano i migliori, nonostante il modulo utilizzato. Giocavano i giocatori di qualità. Eriksen ha bisogno di fiducia, viene da un campionato estero ed è arrivato in Italia dove tatticamente è difficile giocare. Oltre a ciò si deve rapportare con un allenatore  che ama l’aspetto tattico. Ora si sta adattando ed ha ricevuto la fiducia giusta. Ha segnato e sta facendo assist, quello che sa fare alla perfezione“. Tra quelli che stanno sorprendendo ci sono anche Perisic ed Hakimi: “Perisic nel ruolo di esterno puro/ala è una novità. Si sta adattando con un po’ di fatica nella fase difensiva, ma rispecchia la squadra . Si adatta e poi in fase offensiva è devastante. Hakimi ha faticato un po’ all’inizio, ma ora sta uscendo e può dare un apporto sia in fase offensiva che in quella difensiva“.

Com'è arrivare all'Inter? Ze Maria è molto chiaro: “Dall'esterno il mondo Inter sembra sempre in confusione o che le cose non vadano bene, ma non è affatto così. Se ripenso al mio arrivo a Milano ho un pensiero ben saldo nella mia testa: l'accoglienza di Facchetti. Pensare che un gentiluomo, un signore come lui fosse presente alla mia presentazione e che mi abbia regalato la maglia nerazzurra è stato un sogno. Mi ha lasciato un ricordo indelebile dell'ambiente. Quando poi hai a che fare con Recoba, Cruz, Zanetti, Mihajlovic: ti guardi intorno e sai che ti devi dare da fare. Io volevo giocare ed il mio avversario era Zanetti, perciò ho dovuto dare il 100%. Alla fine ci siamo ritrovati entrambi a giocare: lui dietro ed io davanti, in mediana, nel 4-4-2 utilizzato da Mancini. Era un gruppo fantastico“.

In quel gruppo c'era anche Adriano, forse uno dei maggiori talenti che ha vestito la maglia nerazzurra, con il quale c'era un rapporto speciale: “Quando sono arrivato all’Inter era un ragazzino che stava diventando l’Imperatore che abbiamo conosciuto. Era il mio compagno di stanza, il mio quarto figlio. Era sempre a casa mia oppure io a casa sua. L’ho preso sotto braccio. Sono arrivato all’Inter che avevo 32 anni ed era giusto che stessi vicino a lui (23 anni). Milano è una città difficile come Rio de Janeiro, ti puoi perdere in un attimo. Nel secondo anno è morto il padre è lì è diventato tutto più difficile e con il tempo si è lasciato andare“. Nonostante ciò il ricordo di Adriano è sempre ottimo: “È uno dei calciatori con il cuore più grande che abbia mai incontrato. E ancora un bambinone, è buono e gentile con tutti e si ricorda sempre degli amici. In Brasile stanno preparando un documentario su di lui, sarà bellissimo ed io ne farò parte. In uno spogliatoio con Cruz, Solari, Kily Gonzalez era lui la stella. Gli davi la palla e ci pensava lui a segnare. Noi giocavamo e sapevamo che lui risolveva i nostri problemi se eravamo in difficoltà. Questo è il calciatore che voglio ricordare”.

Nell'Inter attuale ci potrebbe essere un confronto con Romelu Lukaku. Fisicità e potenza che ricordano il brasiliano: “Ci sono dei punti d’incontro. Prima di tutto sono due centravanti mancini e quindi sono molto più difficili da marcare. Hanno il tiro, con Adriano che probabilmente era più potente, ma fisicamente sono molto simili. I gol di Lukaku mi ricordano tanto uno di quelli che Adriano, quando era al Parma, ha fatto contro di me al Perugia. Sono due mostri fisicamente ed hanno tantissima voglia di dimostrare qualcosa. Probabilmente l’unica differenza che Adriano era più tecnico, per il resto sono davvero molto, molto simili“.

Ampia parentesi poi sul livello del calcio mondiale, con quello brasiliano che ultimamente sta diventando sempre più europeo. Nonostante ciò, il livello è sceso e tutto si sta ponendo sullo stesso piano: “Il calcio si è livellato – a livello mondiale – a livelli molto bassi. Il Brasile è sempre stato il Paese che dava spettacolo. Ora non è così, non abbiamo più i vari Romario, Rivaldo, Kakà, Ronaldinho, Zico, Cerezo. Per quanto riguarda l'Italia, non ha più quei numeri 10 di un tempo“. Per il futuro avrà la meglio chi riuscirà a coniugare due aspetti fondamentali: “Credo che il Paese che avrà l'organizzazione tattica unita a calciatori utili a far uscire la squadra fuori dagli schemi, nei momenti di difficoltà, avrà la meglio e vincerà. Ora, a livello mondiale, un giocatore con queste qualità è solo Neymar (quando gioca) e a volte MessiRonaldo no, perché non salta quasi più l’uomo“. Ed aggiunge: “L'imprevedibilità, la passione, la gioia dello spettacolo: questo è quello che manca ora e che dava gusto di seguire il calcio. Ora non ci sono questo tipo di calciatori“.

Ma qual è  il problema? Secondo Ze Maria si può trovare già nelle giovanili, partendo dalle scuole calcio: “Ho visto tantissimi giovani ed ho avuto due scuole calcio in Italia. La prima cosa che fanno gli istruttori, invece che far divertire i giovani, è insegnare la tattica. Ho discusso con molti istruttori su questo punto, perché bisogna far divertire i ragazzi, farli sfogare. In Brasile, quando ero giovane, si giocava sulla sabbia e questo ti portava a fare la differenza perché ti aiutava a controllare meglio il pallone e ad avere potenza nelle gambe. In Italia invece di insegnare al ragazzo l'uno contro uno si insegna la tattica. Questo porta di conseguenza al fatto che se poi un calciatore non è adatto ad un certo tipo di gioco  o non sa adattarsi finisce per andare in difficoltà, non giocare e  demoralizzarsi“. Tutta la somma di questi elementi porta inevitabilmente ad una modifica nell'intero panorama calcistico: “Ora anche in Brasile il livello è calato e non ci si diverte più, a volte ci si annoia. Prima c’erano pallonetti, calci di punizione. Ora la maggior parte degli allenatori cercano di “europeizzare” il calcio. Stanno portando molta più intensità e questo porta a modificare la natura del calcio giocato. L'intensità è la grande differenza tra i campionati europei e quello brasiliano. La qualità in Brasile c’è, manca un po’ l’intensità, ma sta piano piano arrivando. Si pensi solo all'apporto di Jesus con il suo Flamengo europeo con la presenza di giocatori come Rafinha, Gabigol e Gerson. Hanno vinto il campionato con una certa facilità”.

Spazio anche ad alcuni ricordi dell'esperienza importantissima al Perugia: Eravamo una squadra molto forte. Il Perugia con Rapaic e Nakata era una squadra fortissima. Purtroppo abbiamo giocato solo sei mesi insieme prima che io rientrassi in Brasile. Poi però sono tornato e ho fatto quattro stagioni stupende, arrivando a vincere l’Intertoto“. Da qui ci si ricollega a due personaggi che, per i due club, hanno rappresentato i due presidenti più amati e diversi nei modi di fare, ovvero Gaucci e Moratti: Come il Sole e la Luna, due personaggi che però si uniscono nella voglia di vincere. Moratti veniva spesso negli spogliatoi e ci spronava, ma nel suo modo di fare era sempre un signore. Mai si potrebbe dire qualcosa di contrario su di lui. Gaucci invece era particolare, anche dopo alcune vittorie ci mandava in ritiro perché non era felice per come avevamo vinto. Questo è uno degli aspetti che all'inzio non capivo, ma nonostante ciò era sempre presente e dopo alcune vittorie ci portava anche dei regali“. Due personalità opposte, ma una passione smisurata per i propri club: “Due persone opposte, ma con tantissima voglia di vincere. Moratti non ha smesso d’investire finché non è arrivato al Triplete, come Gaucci fino quando non abbiamo raggiunto il titolo“.

Un'esperienza calcistica che lo avrebbe potuto portare in Spagna o in Inghilterra in club blasonati come Real Madrid o Barcellona, oppure il Chelsea: “C'era già un accordo con i Blancos, ma poi saltò tutto per problemi sulla valutazione del cartellino“. Nonostante ciò Ze Maria ha avuto la possibilità, tra club e Nazionale, di giocare con i migliori al mondo: “Ho giocato con Ronaldo, Romario, Rivaldo, Figo e molti altri. Fare un nome solo è molto difficile. In un’intervista, in passato, feci il nome di Romario, ma alcuni si risentirono. Tranne lui. Lui mi disse che avevo ragione, che era lui il migliore al mondo“. Ciononostante il compagno con il quale si trovò meglio fu Tedesco: “Mi aiutava tantissimo ed era una persona fantastica. Come compagno, abbiamo giocato cinque anni insieme, è quello con il quale mi sono trovato meglio. Era una persona speciale e fantastica“.

Ora nel presente c'è la carriera da allenatore, nella quale sta cercando di far passare ai propri ragazzi tutti gli insegnamenti appresi nella sua vita: “Ho sempre cercato di imparare da tutti gli allenatori. Da AncelottiCastagner, passando per Cosmi un vero e proprio vulcano umano che mi ha insegnato la grinta ed il desiderio di voler vincere sempre e non mollare mai. Poi Mancini un signore. Sono stati questi i miei allenatori. Mi sono trovato sempre bene con loro e mi hanno lasciato tutti un insegnamento. Se dovessi scegliere il migliore direi Zagallo, che ho avuto in Nazionale. Un maestro per tutti”.