Lo tsunami di notizie e commenti sui tamponi positivi nerazzurri di ieri ha fatto passare in secondo piano lo scontro al calor bianco tra il sindaco Sala e l’Inter a proposito del nuovo stadio. Finchè non si chiarisce la situazione societaria stop a qualsiasi decisione, aveva detto il primo cittadino, scatenando la reazione indignata di Suning che gli sbatte in faccia il blasone, gli ricorda che i tifosi dell’Inter sono milioni e che gli Zhang sono pronti alle decisioni conseguenti. Tradotto, tenetevi San Siro, attaccatevi al tram, noi lo stadio ce lo facciamo da un’altra parte.
Da entrambe le parti parole come fucilate, con qualche ragione e poco costrutto, figlie di considerazioni extra calcistiche legate all’attualità anche dell’economia e della politica, argomenti piacevoli al palato dei tifosi come un bicchiere di olio di ricino ma medicina necessaria per capire i fatti.
Siamo in campagna elettorale, Sala si è ricandidato, i sondaggi lo danno appena avanti al concorrente di centrodestra, da qui al voto sarà un testa a testa estenuante alla ricerca dell’ultimo voto. Il primo cittadino si è sempre dichiarato interista ma prima ancora è un politico, sa che se parli al popolo di tasse e sensi unici il vaffa è assicurato, se parli di San Siro ti ascoltano con qualche interesse. Soprattutto se lisci il pelo ai comitati nati come funghi per la salvaguardia del vecchio Meazza e per evitare le realizzazioni di nuovi insediamenti abitativi e di terziario nelle vicinanze del nuovo impianto.
Attenzione, Sala ha pure qualche ragione nel voler capire a chi sta davvero mettendo in mano una parte importante della città, d’altronde aveva fatto lo stesso e più o meno con le stesse parole quando analoghi problemi avevano interessato il Milan. Ma nel bagaglio di ogni buon politico c’è un protocollo che impone in certi casi di usare quel mix di diplomazia, buon senso e paraculaggine che gli avrebbe dovuto suggerire di alzare il telefono e comunicare a Marotta o chi per lui la sua decisione lontano da orecchie indiscrete. La scelta di Sala è stata invece quella di usare il megafono, strumento principe della campagna elettorale per attirarsi simpatie e consensi.
Suning poteva sopportare senza colpo ferire? Ma figuriamoci, A Xi Jinping bisogna dire di si a prescindere perché la politica cinese lo impone, a Beppe Sala invece si può rispondere a tono, eccome…Finchè sono tifosi e leoni da tastiera a mettere in dubbio la possibilità che gli Zhang possano assicurare alla società la necessaria continuità aziendale fa niente, quando invece a seminare il dubbio è un interlocutore di tale livello dal loro punto di vista non si può non reagire con sdegno.
Colpisce il tono, volutamente urticante della risposta ?
E perche mai, visto che Suning ha ribadito ufficialmente di essere in grado di far fronte alle difficoltà del momento con o senza partner e di essere in trattative per la definizione della partnership con investitori di livello internazionale?
E soprattutto perché meravigliarsi del tono della risposta, visto che lo stadio è uno degli asset più importanti per un club, che la certezza di poter avere un nuovo impianto in tempi ragionevoli ha un peso enorme nella trattativa in corso e che dunque le parole del Sindaco appaiono ancor più intempestive e improvvide?
Sala è uomo di mondo, sapeva bene che quello stop e la richiesta di chiarimenti sarebbero state interpretate dagli Zhang come un’entrata a piedi uniti nella trattativa. Ha seminato vento ed ha raccolto tempesta anche perché, per strano che possa sembrare, anche gli interisti votano.