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La Juve affoga, il Milan è lontano ma l’Inter deve scacciare un mostro

Sabato scorso  Pirlo ci ha fatto sapere che l’Inter è stata fortunata ad avere un focolaio Covid e non poter giocare con il Sassuolo. Alla fine ha avuto ragione lui, i  nerazzurri  hanno guadagnato un turno  nella corsa allo scudetto a parità di partite con la sua Juventus, magari oggi  il Maestro starà pensando che sarebbe stato meglio se l’ASL avesse fermato  anche  il Benevento.

Ieri invece Paratici, con la proverbiale eleganza, ha ricordato che la Juve domina da 9 anni mentre altri club in questo periodo hanno mangiato pane e cicoria. Vero anche questo  salvo chiedersi se proprio questo non sia la causa di due vulnus che da anni mettono in difficoltà il calcio italiano.

In primo luogo la mancanza di contendibilità genera lo scarso appeal che la Serie A ha rispetto alla Premier o alla Liga e dunque enormi differenze in termini di diritti televisivi e minori entrate per tutti i club.

 Secondo aspetto:  avere un campionato di cui da anni si conosce l’esito già prima di iniziare a giocare crea decine di partite giocate a bassissima intensità, specie in epoca Covid,  dunque con una mentalità da dopolavoro che i giocatori si portano dietro in Europa, con i risultati delle italiane sotto gli occhi di tutti, ed in nazionale, costringendo il CT di turno a resettare di continuo l’approccio degli azzurri alle gare più importanti onde evitare altre figure barbine.

L’evidente nervosismo che regna in casa bianconera rispecchia il momento di difficoltà che si vive da quelle parti, con l’ennesima delusione europea per mano di una squadra di rango inferiore, con 10 punti da recuperare in due mesi per il decimo, con un bilancio che imporrà scelte dolorose da qui a breve ed una guida tecnica dapprima esaltata come il novello Messia del calcio nazionale ed oggi tornato alla giusta dimensione di  un esordiente che sconta tutte le difficoltà di un ambiente complesso e da rimodernare.

In tutto questo l’Inter ha giocato la sua parte, un gap così ampio allo sbocciare della primavera non lo avrebbe potuto prevedere neanche il più ottimista dei tifosi. Frutto certo degli 11 punti in più che la Juventus di Sarri poteva vantare lo scorso anno di questi tempi ma soprattutto del  filotto di vittorie inanellato dalla truppa di Conte dopo le vacanze natalizie una volta trovata la quadra giusta nell’assetto tattico della squadra.

Per la prima volta dopo un tempo immemorabile l’Inter ha nel mirino il bersaglio grosso sapendo di essere padrona assoluta del proprio destino. 6 punti di vantaggio sul Milan (7 considerando gli scontri diretti)  con una partita da recuperare sono un bel bottino ma non bastano per parlare di quella cosa che la scaramanzia impone di non nominare.  

Sarà una strada piena di insidie, da Bologna in poi servirà non la mentalità borghese di chi si sente ormai arrivato che ha fatto capolino ultimamente ma quella di chi deve lottare per la sopravvivenza, di chi deve recuperare uno svantaggio per fregare tutti e non farsi fregare.

La pandemia continua a seminare incertezze, polemiche e conseguenze fisiche tutte da valutare,  molti nazionali alla fine raggiungeranno le loro rappresentative con tutti gli annessi pericoli legati a  possibili infortuni . E poi c’è il rischio che solo i tifosi nerazzurri  conoscono, quello dell’improvviso riaffacciarsi di quel “mostro” che lo scorso anno si materializzò nelle partite con Sassuolo, Bologna e Fiorentina. La chiamavano la Pazza Inter, giurano che non esista più, facciamo finta di crederci. Vero mister…?