Dal zagueiro mundial al bomber della Premier League: i rimpianti dell’Inter

Rimpianto: ricordo nostalgico e dolente di persone o cose perdute. Nelle sue accezioni anche ricordo di occasioni mancate. E quale termine poteva essere più azzeccato di quest'ultimo? Valutazioni errate. Giudizi affrettati. Incomprensioni e fraintendimenti. Tutto ciò è ben noto ai tifosi nerazzurri. Nella storia dell'Inter ci sono stati – anche nel recente passato – diversi calciatori che a causa di svariate dinamiche hanno lasciato la Milano nerazzurra, per esplodere altrove. La lista è lunga.

Non si può non partire, forse, dai casi più eclatanti dell'ultimo ventennio. I loro nomi sono: Andrea Pirlo e Clarence Seedorf. Il professore, all'epoca ancora alunno, arrivò poco più che diciannovenne in nerazzurro dal Brescia. Di lui si parlava già molto bene: tecnica, classe, visione di gioco, piedi sopraffini. Garantiva Mazzone. Qualcosa però non andò come previsto. Poco più di due anni e mezzo in maglia Inter – nel mezzo i prestiti a Reggina e Brescia – e poi il passaggio in rossonero per l'esplosione. Con i cugini disputerà 10 stagioni con poco più di 280 presenze e diversi trofei ad arricchire la bacheca personale. Un percorso molto simile a quello di Seedorf. L'olandese arrivò sulla sponda nerazzurra nel '99 e ci rimase fino al 2002 (64 presenze ed 8 gol) prima di attraversare i Navigli e trasferirsi al Milan. Lì andrà ad unire alla classe dell'azzurro la potenza, la corsa ed i muscoli che lo contraddistinsero durante la sua carriera.

blancos ed i nerazzurri, in quegli anni, fecero diversi affari. Quello di cui parleremo ora, ebbe del clamoroso. Ci troviamo qualche anno prima dell'arrivo dell'olandese a Milano. Le parti s'invertono. Il profilo interessato risultò quello di Roberto Carlos da Silva, noto come Roberto Carlos. Nel '95 giunse alla corte di Roy Hodgson direttamente dal Palmeiras. Il feeling con l'allenatore inglese non fu dei migliori ed il brasiliano, dopo appena una stagione (30 partite e cinque gol), diventò il più grande rimpianto dell'era Moratti. È a Madrid che il brasiliano inizierà a far parlare di sè e diventerà uno dei terzini sinistri più forti e prolifici della storia del calcio. Potenza nel tiro, grande precisione ed un fisico da far invidia. Queste le caratteristiche del difensore che a Milano non lasciò il segno.

Ed a proposito di brasiliani come non dimenticare Philippe Coutinho. Il giovane talento arrivò con la regia del duo Branca-Ausilio dal Vasco da Gama. Acquistato nel 2010, in due anni disputò solamente 18 partite segnando 2 reti. Poi il trasferimento all'Espanyol in prestito ed il ritorno a Milano per un'altra stagione. Nel 2013, a gennaio, lascerà i nerazzurri per circa 10 milioni (più tre di bonus per il rendimento) e si accaserà in Premier League in maglia Reds. Lìl arrivò la definitiva esplosione. Con il Liverpool 68 gol e 152 presenze in cinque stagioni e poi il trasferimento al Barcellona. Valutazione di 160 milioni ed attacco di livello per i blaugrana. Del brasiliano le qualità non sono mai state in discussione, ma la giovane età unita al momento poco felice della panchina nerazzurra (Benitez prima, Leonardo, GasperiniStramaccioni poi) non fu l'ideale per far crescere il suo talento in tranquillità. 

Questione di attese e di chance. Un po' quello che successe con Kean – diventato poi uno degli attaccanti più prolifici della Premier League – o Matthias Sammer il difensore che nel '96 arrivò a vincere il Pallone d'Oro. Per il primo, un giovane 21enne, i nerazzurri sborsarono 31 miliardi di lire ma l'irlandese non riuscì ad incidere e venne ceduto ben presto al Leeds. Per quanto riguarda invece il difensore tedesco rimase a Milano solamente 6 mesi (11 presenze e 6 reti). Un feeling mai sbocciato con la Serie A ed un ritorno in patria che fu profetico. Più o meno come il viaggio di Ever Banega: SivigliaMilanoSiviglia. Numeri da maestro e tecnica sopraffina. La specialità: i calci piazzati e non solo. I tifosi se ne innamorano dal primo minuto, ma l'esperienza non durerà a lungo. L'argentino, cercato per molti anni, giunse all'Inter nel 2016 – a parametro zero -, ma ci rimase una sola stagione. Un genio incompreso che, prima con De Boer e poi con Pioli, scese nelle gerarchie per poi far ritorno in Andalusia. Leadership e talento a disposizione di Lopetegui. I nerazzurri non l'hanno capito ed è stato un vero peccato.

Quindi è chiaro che tappe bruciate rapidamente e giudizi affrettati possono ledere alla valutazione di un calciatore. Questo l'Inter lo sa. L'auspicio è di non avere più rimpianti, ma solamente molte certezze. Che il passato faccia da maestro.